Sms e sconti per tutti In centro è già corsa ai saldi
La legge dice sabato ma i commercianti anticipano. Lo sfogo: «Falso problema». E i clienti pretendono il 50%

Pulcinella al cellulare. Il segreto che tutti conosconomanessuno può dire, non ad alta voce, arriva via sms: gentile cliente, i saldi di fine stagione sono già cominciati. La formula è più sfumata,mail senso è questo. Venite e spendete. Così fan tutti, dalla boutique che ti lusinga con un irrestistibile 50% al negozio sportivo che premia la fedeltà con un robusto 30%. In barba alla legge che fissa al 4 gennaio l’inizio ufficiale dello shopping stracciato per tutti. In realtà Pulcinella non ha nemmeno bisognodel cellulare, basta infilare il naso in un qualsiasi negozio del centro (o quasi), indossare un’espressione finto-candida, domandare «quando cominciano i saldi?» e il gioco è fatto. Nessuno vi rimbalzerà a gennaio.
In realtà non è nemmeno necessario fingersi ingenui, pure il garbo è facoltativo. Dagli un dito e pretendono il braccio. «Noi facciamo il 30% – confessa la responsabile di un negozio d’abbigliamento, dietro il vincolo dell’anonimato – lo facevamo già prima di Natale, altrimenti non avremmo venduto niente. Il fatto è che ai clienti non basta, insistono per strappare il 50%.Ma a noi, che abbiamo un ricarico basso, cosa resta in tasca?». Obiettano i commercianti: i saldi cominceranno sabato, ma a casa nostra possiamo comportarci come vogliamo. Basta non fare troppo baccano.
Niente cartelli in vetrina, né doppio prezzo (prima e dopo). Vero, ma se si applica lo stesso sconto a tutti i clienti, allora il ragionamento si slabbra. Allora diventano saldi sottovoce. A dirla tutta, gli sms sarebbero pure giustificabili perché mirati. Ma la discussione rischia di farsi stucchevole. A complicare la faccenda e guastare gli umori è intervenuta anche la retromarcia della giunta regionale che, dopo un anno di sperimentazione, ha ripristinato il divieto di vendite promozionali nei trenta giorni precedenti i saldi. E, in ogni caso, dal 25 novembre al 31 dicembre. Allora è con la politica che devono prendersela i commercianti? Troppo facile, la crepa è in casa loro. La categoria è spaccata. Pure sulla stessa liberalizzazione dei saldi. A predicare bene sono bravi tutti, è al momento di razzolare che si rotola nell’ipocrisia.
«È il paese a essere in saldo» sbotta un altro commerciante, mentre osserva il passeggio domenicale ingrossarsi. Certo che li fa pure lui gli sconti. Li faceva già prima del 25 novembre e ha continuato oltre, senza più “spararli” in vetrina. Così è riuscito a mantenere in equilibrio il suo fatturato.
«Il vero problema è che oggi non si riesce più a dare un valore alla merce – riflette a voce alta, indicando la bancarella di cuffie e sciarpe oltre l’uscio del negozio – Non ci sono più nemmeno le competenze specifiche ». Si è perso il tocco di chi sapeva dirti se un maglione era davvero di cachemire oppure di lana bagnata nel silicone. Il paese ha la febbre e il contatto con la gente è un termometro infallibile: «Fino a qualche tempo fa soltanto un cliente su dieci si metteva a parlare di politica, adesso la proporzione si è rovesciata. Tutti a lamentarsi del figli che non lavorano e delle aziende che chiudono». «Basta parlare di saldi, così ci si avvita in un falso problema– si sfoga Carmen Zapparoli, presidente di FederModa Mantova – Le vere questioni sono il potere d’acquisto delle famiglie, la pressione del fisco, l’esigenza di leggi strutturali». Certo, c’è la legge da rispettare, mail mondo corre a una velocità altra. E dei saldi se ne infischia. Ha cose più serie alle quali pensare.
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