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Il signore degli anelli in pensione Chiude il Bignè d’Oro

A71 anni Lugli cede: «Voglio assaggiare un po’ di mondo». Lo stop della pasticceria entro l’anno. E in piazza Erbe si fermano bar e Avirex

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MANTOVA. Lascia col sorriso dolceamaro di chi al mestiere ha dedicato la vita. E potrebbe continuare ancora. Mettendo sé stesso in ogni ricetta. Disciplina e sentimento. MauroLugli lascia prima che sia troppo tardi per assaggiare un po’ di mondo fuori dalla sua pasticceria, il Bignè d’oro II di corso Pradella, dove lavora dodici ore al giorno insieme alla moglie Maria. Diciotto nel mese di dicembre, quando sforna una medi adi 130 anelli di Monaco al giorno. Il mestiere l’ha gratificato tanto, è stato ed è ancora una scuola, ma a 71 anni ha deciso di metterci un punto.

Si è dato come traguardo il mese di giugno, o riesce a cedere l’attività per tempo oppure col 2014 chiude comunque bottega. Giugno perché sei mesi sono il preavviso che deve al proprietario dei muri. Certo, Lugli, che non ha figli, sarebbe più sollevato se riuscisse a trovare qualche volenteroso a cui tramandare la passione e il metodo, ma pasticceri non ci s’improvvisa. E Maurone ha già accompagnati alla porta diversi, non gli interessa alzare il prezzo e fare cassa.

Ha cominciato che aveva 16 anni, nel 1958. L’idea era venuta a mamma Maria Ferrari che, rimasta vedova con tre figli da tirare su, aveva pensato di sistemare tutti in pasticceria. In principio fu il laboratorio in via Marangoni. Mauro, il più piccolo, ha imparato il mestiere dai fratelli Ciro e Secondo. Che, a loro volta, l’avevano imparato dai maestri Tosi e Zanardi. Quando c’erano ancora i maestri. Quando la pasticceria era un lusso da ricchi, un vizio quasi clandestino da coltivare al riparo dagli sguardi altrui. Per pudore. Prima che diventasse risarcimento popolare agli affanni del vivere, da comprare un tanto al cartoccio. Mauro è rimasto l’unico con le “mani in pasta”, Ciro ha lasciato quasi subito, costretto da un’allergia alle farine, Secondo è andato in pensione nel 2000. Adesso è venuto il suo turno: «Lascio proprio perché sto bene e voglio assaggiare altro della vita. Voglio girare il mondo».

Bel lavoro, quello del pasticcere, ma assoluto e totalizzante come una missione. Sveglia alle 5 e in branda alle 9 di sera, quando va bene. Se sei bravo hai tanti clienti soddisfatti, ma poco tempo da dedicare ad altro. Alla dimensionesociale. A proposito di clienti, come l’hanno presa? «La gente piange – riferisce Lugli – ormai si è abituata al mio gusto, che non è dolciastro». I dolci sono quelli della tradizione, ma “sgrassati” per spezzare la falsa equazione dolce uguale stucchevole.

Anello di Monaco, elvezia, millefoglie, zuppa inglese, bignolata. «Il mio rapporto con i dolci è di amore e odio – confessa Mauro –Amore quando vengono bene, odio quando non mi riescono. In ogni caso, dentro il dolce ci metto me stesso. Se io ti passo la mia ricetta, stai sicuro che il risultato sarà diverso». In attesa di conoscere il destino del Bignè d’oro, a guastare il sorriso di piazza Erbe sono comparsi altri due buchi sotto i portici della Casa del Mercante. Il bar Mignin e il negozio dell’Avirex. Una saracinesca abbassata e due vetrine nude come orbite vuote.

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