In evidenza
Sezioni
Magazine
Annunci
Quotidiani GNN
Comuni

Busti dice messa in carcere «Una Pasqua per sperare»

Il vescovo ai detenuti: «Vi chiamo fratelli e sorelle perché è questo che siete per me. Seguite la liberazione che propone Gesù

Elena Caracciolo
2 minuti di lettura

MANTOVA. «Vi chiamo fratelli e sorelle perché è questo che siete per me» . Parole amichevoli, pronunciate con sincerità e ripetute più volte. Il vescovo Roberto Busti ha celebrato la messa di Pasqua nel carcere di via Poma ed è così che ha salutato all’inizio e alla fine della liturgia i detenuti. Uomini e donne, insieme ai volontari e agli agenti della polizia penitenziaria, si sono riuniti per celebrare la resurrezione di Gesù. Gli sguardi tra i banchi della chiesa si cercavano l’un l’altro, come a voler essere sicuri di poter contare sui propri compagni, di non essere soli.

Qualcuno invece è rimasto tutto il tempo con la testa piegata, stretta tra le mani in segno di preghiera. «In questo giorno non vogliamo sentirci abbandonati - recitava la lettera scritta dai detenuti - vorremmo sentirci uniti, risorgere anche noi verso una vita nuova ed essere amati così come siamo». Una richiesta subito accolta da Busti, che ha ricordato il significato della Pasqua. «Sono contento di celebrare questa messa insieme a voi - ha detto - Porto al collo una croce di legno, che proprio qualcuno di voi mi ha regalato. È leggera, a differenza delle altre, soprattutto di quelle che si portano nel cuore, che invece pesano come macigni e per questo mi fa ricordare la resurrezione».

Anche se la libertà cosa fatica. «È la messa più bella della mia Pasqua - ha proseguito il vescovo - la celebro per voi, per chi vuole la liberazione ma sa che costa fatica, pazienza e sacrifici. Bisogna liberare il nostro cuore dalle angosce». Un invito rivolto a chi, ognuno per un motivo diverso, si è visto privare della propria famiglia, degli affetti, figli e amici, per lasciare il posto a una distanza incolmabile.

«Dobbiamo comprendere cosa significa bene o male. Il male è tutto ciò che ci fa mettere gli uni contro gli altri e che contrasta quell’orizzonte verso l’eternità che vediamo quando incontriamo Gesù. La voglia di fare bene c’è, ma a volte le cose non vanno così, poi ci pentiamo». La speranza diventa quindi l’appiglio a cui potersi ogni giorno aggrappare, più forte di qualsiasi difficoltà. «Dobbiamo averla sempre con noi - ha raccomandato Busti senza mai smettere di usare il plurale, trasmettendo vicinanza ai detenuti - la liberazione che ci propone Gesù non è solo quella nella quale sperate voi, ma è quella ancora più vera e che ci assicura che non stiamo buttando via la nostra vita, nemmeno qua». Il vescovo è poi sceso dall’altare, per raggiungere i carcerati e scambiare con loro il segno di pace. «La mia preghiera quotidiana tiene presente tutti voi - ha affermato con affetto - le vostre paure e i vostri cari. Vi auguro di fidarvi di questa vita e del dono che Dio ci ha fatto e che nessuno può toglierci».

I commenti dei lettori