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Espropri al Trincerone, rom e sinti pronti a scendere in piazza

Dopo il blitz di quindici mesi fa, il Comune di Mantova sta predisponendo gli espropri delle aree per porre fine all'abusivismo. Ma rom e sinti non ci stanno: non vogliono andarsene e minacciano proteste

Monica Viviani
2 minuti di lettura
26 marzo 2013: le forze dell'ordine si preparano ai controlli delle aree del Trincerone 

MANTOVA. Si sentono traditi da chi, dicono, aveva assicurato loro che non sarebbe andata a finire in questo modo. Parlano di «rastrellamenti» e «ghettizzazione» perché è così che vivono tutto questo. Come l’ennesima immane ingiustizia.

E ora, dopo le cinque ordinanze con cui il Comune ha detto stop alle lottizzazioni in via De Mori e in strada Trincerone, le famiglie sinte e non che abitano in quella zona, si preparano a scendere in piazza con una manifestazione che si annuncia di portata nazionale e con un presidio proprio lì dove nel giro di tre mesi potrebbero scattare gli espropri.

«E sarà solo il punto di partenza, stiamo pensando a numerose iniziative, perché noi da qui non ce ne andiamo»: l’ex consigliere comunale Yuri Del Bar abita in quei terreni e la sua voce determinata non riesce a celare una preoccupazione reale, che affonda le sue radici nella storia. «Quanto sta accadendo ci fa pensare - dice - che il Comune voglia mandarci via dalle nostre case, che voglia tornare a chiuderci nei ghetti, perché i campi nomadi sono proprio questo: dei ghetti, dei campi di concentramento».

Mentre risponde alla decine di telefonate di solidarietà in arrivo da tutta Italia non riesce a togliersi dalla testa una domanda: «Quello che vorrei chiedere al Comune è: quali soluzioni alternative ha? Ha respinto tutte le nostre proposte e allora cosa ha in mente di fare? Davvero pensano al campo nomadi?». Ad essere chiamato in causa è soprattutto il sindaco Nicola Sodano: «Quando si è insediato - racconta Del Bar - ci aveva assicurato che il campo nomadi sarebbe stato chiuso, aveva parlato di terreni. Poi dopo il blitz di quindici mesi fa, quando avevamo minacciato una manifestazione nazionale ed europea a Mantova ci aveva garantito che non ci sarebbe stato nessun pignoramento e noi gli abbiamo creduto».

Erano i primi di aprile dello scorso anno e la parola del sindaco bastò a far annullare il corteo. «Non avremmo dovuto, oggi ci sentiamo pugnalati alle spalle». Per questo stavolta andranno dritti per la loro strada con una mobilitazione che il direttivo di Sucar Drom deciderà la prossima settimana. «Quello che non capiamo - spiega il segretario Carlo Berini - è perché non c’è stata risposta rispetto alle innumerevoli proposte presentate dai legali delle famiglie che comprendevano anche compensazioni e scambi di terreni».

Per Sucar Drom «la norma utilizzata per l’accusa di abusivismo, ovvero il Testo Unico 380 che ha stabilito che anche una roulotte può essere considerata abuso edilizio, è una discriminazione razziale indiretta a cui tutti i Comuni, tranne Mantova, hanno cercato di sopperire». Per l’accusa di lottizzazione abusiva l’associazione dice poi di avere un asso nella manica: una recente sentenza della Corte di Cassazione avrebbe dato ragione ad alcune famiglie sinte di Mantova.

Quello che si chiedono è «per quale motivo non si è voluto instaurare un dialogo visto che c’era un anno di tempo per farlo e la normativa concedeva ancora 9 mesi per cercare una soluzione». Imsomma «non ci spieghiamo - prosegue Berini - tanta precipitosità visto che non stiamo parlando di qualcosa che è accaduto all’improvviso e che deve essere rimosso in quanto minaccia l’ambiente, ma di situazioni presenti dal 1987». Per la verità una spiegazione loro se la sono già data: «Tutto questo sembra il ticket che l’amministrazione comunale paga alla Lega Nord in prospettiva di un’alleanza per le elezioni del 2015».

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