MANTOVA.
Confessa di sentirsi come quel tizio seduto sul ramo che sta tagliando. Più si avvicina alla meta e più accelera l’ansia per il futuro: oltre il traguardo c’è un teatro rimesso a nuovo che rischia di prendere polvere. Una scatola vuota. Al terzo mandato da presidente dei palchettisti, con i lavori in corso alla facciata del Sociale, l’avvocato Guido Benedini dà voce alla sua insoddisfazione.
In otto anni ha raddrizzato muri e conti, dimezzato il debito, compresso le spese di gestione da 130mila a 30mila euro all’anno. Eppure. Racconta Benedini che nel 2006 si scontrò con l’evidenza di un teatro allo sfascio, malandato e senza riscaldamento, col fiato delle banche sul collo. Oggi è tutta un’altra storia. Però.
«Sono assolutamente insoddisfatto – si cruccia Benedini – perché anche quando la facciata sarà finita, non ci sarà più alcuna giustificazione per non fare spettacoli. Ho sistemato la barca perché possa navigare, ma non ho il gasolio per alimentare i motori». Fresco di nomina, l’avvocato ci mise una settimana appena a capire che da presidente avrebbe dovuto interpretare il ruolo di amministratore del condominio, lasciando ad altri il compito di fare teatro. Più oneri che onori, ma al primo mandato Benedini ne ha agganciati altri due.
Affetto oppure ostinazione? «Il desiderio di fare le cose bene, secondo l’onere che ci si è assunti, un po’ come nella professione di avvocato». Puntiglio o sentimento? «C’è anche l’amore per un immobile ottocentesco tra i più belli della città che da anni attendeva di essere restaurato».
Calendario alla mano, la facciata dovrebbe essere pronta per la fine di agosto, ma Benedini non ha fretta di tagliare il nastro. Meglio lasciar passare il ciclone Festivaletteratura, per assicurare al Sociale l’attenzione che merita. Conti in tasca, il “maquillage” costerà circa 100mila euro, 20mila dei quali offerti dal responsabile territoriale di Montepaschi, Elfo Bartalucci.
«Spontaneamente, senza sollecitazione alcuna» tiene a ricordare il presidente dei palchettisti. Che ripete: «Ma se continua così, sarà stato tutto inutile. Il Sociale rischia di diventare una bella scatola vuota, affittata solo di tanto in tanto». Senza un progetto né un’identità forte. L’insoddisfazione curva quindi in appello: «Servirebbe l’iniziativa di un gruppo di persone, un’associazione tipo Amici del Sociale, distinta dai proprietari che avesse le competenze e si occupasse del cartellone – immagina Benedini – Noi non chiediamo nulla oltre l’affitto, non abbiamo più bisogno di soldi per sistemare il teatro».
Dici Sociale e il pensiero corre subito all’aperitivo e alle chiacchiere tra i tavolini, l’associazione con il teatro arriva dopo, in coda. Se arriva. Il rapporto con la città s’è sfilacciato, sono quattro anni che non c’è più la stagione lirica e le compagnie di prosa preferiscono i teatri “minori”, nelle pieghe della provincia. Oppure l’Ariston. Riempiteli voi i novecento posti del Sociale.
No, Mantova non è una piazza facile, gli spettatori sono tiepidi. Perché? «Non lo so» allarga le braccia Benedini che ammette di aver bazzicato poco il Massimo cittadino. Almeno prima di diventare palchettista. Adesso che è dall’altra parte, oltre la linea del foyer, s’appassiona: «Vorrei che Mantova fosse consapevole della fortuna di avere dei palchettisti che le mettono a disposizione un teatro bello e sicuro». Fatevi sotto.
(igor cipollina)
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