«Io, tra i bimbi di Gaza senza pace»
Andrea Bergamini vive e prega a Gerusalemme: «Andare nella Striscia è come attraversare una frontiera tra due mondi»
di Igor Cipollina
MANTOVA. Difficile crescere sani quando si viene su a rabbia e macerie. Quando l’orizzonte è una stretta striscia di polvere e pietre, campi profughi diventati quartieri diventati città. Dove il fischio delle bombe che lacera l’aria non sorprende né spaventa e l’infanzia è una contraddizione. L’evidenza anagrafica inciampa nella ruota inceppata del tempo. Esiste soltanto un oggi fragile e sfilacciato. «I bambini di Gaza hanno avuto poca esperienza di pace, sono tristi, hanno l’infanzia segnata e nessuna speranza di cambiamento nell’immediato futuro». Prigionieri della loro stretta striscia di terra e di tempo. Di bambini così, rassegnati e digiuni di pace, Andrea Bergamini ne conosce tanti.
Una volta al mese attraversa il confine e la ferrea teoria di check point per portare la merenda nelle scuole materne. E conforto alle famiglie più povere.
Classe 1972, Andrea è nato in Venezuela per il mestiere di papà Italo, tornato poi a Quingentole a lavorare la terra. La mamma è Gisella Nicolini, anche lei mantovanissima, sorella del libraio Luca e di Giovanni, prete in prima linea a Bologna, già direttore della Caritas e fondatore della comunità di monaci delle Famiglie della Visitazione.
Maturità scientifica a Ostiglia e laurea in fisica a Bologna, Andrea s’è fatto le ossa e aperto il cuore in Tanzania, quindi è tornato indietro a insegnare nei licei. Nella comunità dello zio è entrato nel 1993 e dal 2005 vive a Gerusalemme insieme al confratello Lorenzo Ravasini (di San Giovanni in Persiceto). Abitano dietro il Monte degli Ulivi. Pregano, studiano, girano. Tanto.
Racconta Andrea che passare il confine con Gaza è come rotolare in un’altra dimensione: «L’impatto è forte, al di là dei controlli, si ha l’impressione di attraversare una vera e propria frontiera. In poche centinaia di metri ci si lascia alle spalle un paese moderno e si entra in una zona molto povera. Non è Terzo mondo, ma ci sono interi quartieri in miseria». Su 1,8 milioni di abitanti, 1,2 discendono dai profughi della guerra del 1948. Nel frattempo i campi sono diventati città. Precarie.
«C’è un po’ di tutto – riferisce Andrea – c’è il suk, un mercato molto vivace e ci sono anche i ricchi che girano su macchine di lusso, ma la maggioranza delle persone vive di sussistenza». Così, grazie alla collaborazione con le maestre e con le associazioni di donne che gestiscono le scuole, Bergamini e il suo gruppo di religiosi riescono a intercettare i casi più urgenti. La rete della solidarietà è larga, ma minaccia di aggrovigliarsi in una carità cronica, permanente e senza sbocchi.
Attualmente Andrea è in ritiro qui in Italia, ha lasciato Gerusalemme nelle scorse settimane ma ha fatto in tempo a tremare sotto le prime bombe. «Cosa provo? Una grande tristezza. Sono cose già viste durante gli attacchi che Israele e Hamas hanno scatenato nel passato, così nell’autunno del 2012 e nell’operazione Piombo fuso tra il 2008 e il 2009. Una pioggia di razzi a cui fa seguito un’escalation sempre più massiccia fino all’invasione via terra. Si è capito da subito che la situazione sarebbe degenerata». In principio fu il rapimento e l’assassinio dei tre giovani coloni israeliani, la ricerca affannosa dei corpi, l’ondata di arresti in Cisgiordania, l’omicidio di un palestinese di 16 anni, una matassa di responsabilità difficile da sbrogliare.
«La cosa più brutta e drammatica è che non ci sarà una soluzione duratura - prevede Andrea – ma un odio sempre più forte, altri morti e distruzioni, tanta sofferenza che non porteranno a niente. Dall’una e dall’altra parte, chiaramente con due pesi e due misure. È difficile che qualcosa cambi senza una pressione internazionale che costringa Israele e la Palestina a mettersi d’accordo. La verità è che le tensioni continuano ma i nostri governanti se ne sono già dimenticati. Anche i paese arabi fanno poco, la crisi mediorientale è abbandonata a se stessa perché sembra senza uscita».
Così parla Andrea dal suo ritiro, poche ore prima che tre razzi di Hamas affondino la tregua. Fragile e già remota.
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