Andreaj Kurkov: "I separatisti armati dalla Russia"
Uno dei massimi scittori ucraini parla, in questa intervista al Festivaletteratura, della crisi con Mosca

MANTOVA. La crisi di Kiev con i sempre più forti venti di guerra spiegata in sei punti da Andrej Kurkov, scrittore ucraino tradotto in oltre trenta lingue, ha incontrato questo pomeriggio il pubblico di Festivaletteratura per parlare del suo ultimo libro, “Diari ucraini”, un resoconto in presa diretta di quanto accaduto a Kiev da novembre ad aprile, inframmezzato da aneddoti tratti dalla sua esperienza personale che testimoniano l'impatto della crisi sulla vita dei comuni cittadini. Prima dell'incontro l'autore ha concesso un'intervista al Festivaletteratura in cui spiega i punti principali del conflitto.
Quali le principali cause della crisi in Ucraina?
La crisi in Ucraina è iniziata nel 2004, quando è scoppiata la rivoluzione arancione. Poiché la rivoluzione non ha risolto i problemi politici interni, la situazione è rimasta congelata fino allo scorso novembre. Nel settembre 2013 l'ex presidente Yanukovich aveva annunciato un accordo tra Ucraina e Unione Europea, motivato non da sentimenti filoeuropei, bensì dal desiderio di costringere Putin ad abbassare il prezzo del gas per il Paese. La maggior parte degli ucraini filoeuropei ha veramente creduto nella realizzazione dell'accordo economico con l'Unione Europea, così, quando il 21 novembre 2013 è stato dichiarato che non sarebbe stato firmato alcun patto, la popolazione si è resa conto che era soltanto un altro tentativo da parte del presidente di "fregare" l'Unione Europea, ma soprattutto l'Ucraina.
Quindi l'ultima fase del conflitto è iniziata il 21 novembre 2013. Può indicare le tappe principali del conflitto?
I primi a scendere in piazza sono stati gli studenti, contrari alla politica del governo, chiedendo che l'Ucraina firmasse l'accordo con la Ue al summit di Vilnius di fine novembre. La mattina del 29 novembre c'è stata la prima vera risposta del governo ucraino contro i manifestanti: trenta persone sono finite in ospedale e altre trenta sono state arrestate nella piazza Maidan. Da quel momento la protesta ha smesso di essere finalizzata all'ottenimento della firma dell'accordo ed è diventata una protesta politica contro il primo ministro Azarov, il presidente Yanukovich e il governo ucraino. A gennaio sono stati uccisi i primi due manifestanti nella piazza Maidan, che hanno dato inizio all'ondata di violenza quotidiana nel Paese. A febbraio, dopo che il governo ucraino ha sparato sulla folla, uccidendo più di cento persone, Yanukovich ha indetto elezioni immediate per l'Ucraina e in seguito è scappato, abbandonando la sua carica di presidente. Il 22 febbraio ha lasciato la Crimea, dove si trovava, per scappare in Russia con un aereo. Due giorni prima erano cominciate le operazioni per l'occupazione russa della Crimea, che si sono poi concluse il 18 marzo con l'occupazione della regione. Da quel momento sono iniziate le proteste dei separatisti filorussi, soprattutto nelle zone di Donetsk e Luhansk. In realtà, i separatisti filorussi erano molto pochi, a eccezione di queste due città della regione del Donbass, dove poi è iniziata una vera e propria guerra nel momento in cui i separatisti sono stati armati dalla Federazione Russa. Sono stati distribuiti anche molti kalashnikov e sono state occupate le sedi del governo. Da quel momento possiamo dire che è iniziata la guerra in corso.
Che impatto ha avuto la crisi nella vita del popolo ucraino?
Qualsiasi crisi simile porta alla militarizzazione della coscienza dell'uomo: tutti cominciano improvvisamente a parlare di guerra e chiunque prenda parte alle discussioni sul tema tende ad assumere posizioni radicali ed estreme. I sentimenti che molti ucraini provavano nei confronti della regione del Donbass sono andati peggiorando, perché l'area è stata da sempre considerata una terra di criminali. I principali separatisti filorussi si trovavano in questa zona e nel resto del Paese sono stati sepolti migliaia di soldati filoucraini che hanno preso parte alle proteste. Si è quindi accentuato l'odio che si nutriva nei confronti della regione. La situazione in Ucraina è uno dei punti fondamentali del summit Nato in Galles.
Crede possibile una soluzione diplomatica?
Non credo che al summit si possa anche solo parlare di soluzione diplomatica, per il semplice motivo che la Nato è un'organizzazione militare, non pacifica. Penso si parlerà soprattutto dell'eventuale sostegno da fornire alle repubbliche baltiche, perché ora si teme che questi territori, soprattutto l'Estonia, possano essere attaccati dalla Federazione Russa, come è successo all'Ucraina.
Come vede il ruolo svolto da Russia, Stati Uniti ed Europa nel conflitto?
Possiamo dire che si tratta di un conflitto geopolitico, una rincorsa alla dominazione della scena politica mondiale. Da parte del governo russo c'è la volontà di avvicinarsi sempre di più alla potenza cinese, per dimostrare la propria superiorità, soprattutto nei confronti degli Stati Uniti. Gli attori coinvolti nella crisi, in particolare la Russia, vogliono avere l'ultima parola su almeno metà dei paesi dell'Eurasia.
Quali saranno gli effetti a lungo termine del conflitto sulla popolazione?
Gli effetti si vedono già adesso, in particolare quelli economici. Se la situazione economica prima del conflitto era pessima, ora moltissime spese vengono destinate alla guerra. Per fare un esempio: molti pensionati, nel giro di pochi mesi, non saranno più in grado di svolgere la vita che facevano prima. In questo momento il governo ucraino non si può preoccupare di fare riforme perché la sua priorità è risolvere il conflitto, quindi la situazione diventa ogni giorno più difficile.
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