Apre il Sinodo. Il vescovo: "Vogliamo ascoltare tutti"
Con una cerimonia solenne nella basilica di Sant'Andrea, Busti apre oggi, domenica 14, il Sinodo della diocesi di Mantova. L'ultimo risale al 1888. Il vescovo spiega in una intervista alla Gazzetta che "la Chiesa oggi guarda avanti ed è interessata al parere di tutti, anche di chi è lontano da noi. Questi mesi serviranno a capire anche perché i ragazzi si allontanano e interrogarci su come li stiamo crescendo"
Monica Viviani
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MANTOVA. La solenne celebrazione eucaristica di apertura del Sinodo della Chiesa mantovana si terrà oggi, domenica 14 settembre, alle 17 nella Basilica concattedrale di Sant’Andrea. Durante la cerimonia verrà anche formata l’assemblea sinodale ovvero l’insieme di religiosi e laici che il vescovo chiama a discutere le questioni poste dal Sinodo: 284 persone, di cui 224 laici (107 donne e 117 uomini, il 20% giovani) scelti in gran parte dalle 31 unità pastorali. I prossimi passi vedranno tra ottobre e dicembre le consultazioni dei 500 gruppi sinodali su 15 questioni pastorali. Tra gennaio e giugno 2015 i sinodali riuniti in commissioni di studio leggeranno i consigli dei gruppi. Tra settembre 2015 e gennaio 2016 l’assemblea discuterà le proposte delle commissioni e delibererà su di esse. 18 marzo 2016: chiusura del Sinodo e promulgazione dei decreti. L'ultimo Sinodo a Mantova risale al 1888 e fu voluto dal vescovo Sarto.
INTERVISTA CON IL VESCOVO BUSTI
Busti e il Sinodo della Chiesa che cambia
«Una giornata storica che si incide nella storia della nostra diocesi». A definire così l’apertura del Sinodo è il vescovo Roberto Busti che in questa intervista ci illustra il significato profondo del percorso che inizia oggi.
Perché oggi c’è bisogno di un Sinodo a Mantova?
«È frutto di un cammino di parecchi anni, quando si è iniziato a programmare un percorso, attraverso le settimane pastorali, che tendeva a far emergere i ministeri di servizio caritativo ed educativo come la Pastorale giovanile e la Caritas. Un percorso proseguito con la visita pastorale e con quella realtà non solo amministrativa delle unità pastorali che sono state il tentativo di guardare avanti chiedendoci che cosa sarà la chiesa di domani, quanti preti ci saranno, quanti cristiani ci saranno, di cosa avranno bisogno. Ci siamo domandati: come facciamo a fare in modo che questo percorso possa essere recepito da tanti e diventare un fatto di Chiesa e non soltanto di qualcuno? E’ nata così questa idea anche perché l’ultimo Sinodo risale a 125 anni fa. Oggi ogni chiesa particolare ha bisogno di misurarsi su quello che la parola di Dio dice e su quanto ci è stato chiesto di mettere in atto dal Concilio Vaticano II. Credo che sia importante che avvenga adesso dopo questo periodo che ha visto la nostra gente domandarsi in che modo possano vivere dentro questa realtà, in che modo questa nostra Chiesa non diventi soltanto il ripostiglio in cui ci troviamo tra noi pochi, ma diventi lo spirito, l’entusiamo, diventi vita».
Nei prossimi tre mesi si terranno le consultazioni dei 500 gruppi sinodali composti da quasi 6mila persone. Qual è il suo auspicio?
«Sono molto contento che un numero di persone così elevato abbia deciso di prendervi parte dicendo qualcosa e dicendolo con un metodo in cui imparano ad ascoltare sé stessi e gli altri. Questo è il momento più delicato e più alto del Sinodo. Spero che nelle persone ci sia questa sentimento di ascoltare gli altri, anche quelli che sono stati vicini e non lo sono più o sono lontani. Di solito si parla di Chiesa istituzionale, di quella grande, noi invece intendiamo parlare di quella Chiesa che abita dentro il tessuto umano quotidiano: è da questo tessuto che vorremmo capire come mai ad esempio i giovani a un certo punto ci piantano lì, perché oggi è così difficile mettere su una famiglia, perché è difficile amarsi come papà e come mamme, perché questa realtà che è l’amore è diventata così fragile e quindi causa di tante cose che ci fanno rabbrividire. Come mai il Vangelo che è un vangelo di bontà, di gioia, bellezza, di speranza, non riesce a trovare lo spazio per entrare nei cuori? Ecco io credo che questi tre mesi se condotti bene potranno darci uno spaccato della nostra Chiesa e della nostra società che ci sarà utile per guardare avanti. Quello che ci importa è il sentire comune che fa di una Chiesa che vive nel territorio non qualcosa che si incontra soltanto andando a Messa ma sul tram, in macchina, a scuola, al lavoro».
Una delle 15 questioni che verranno sottoposte ai gruppi riguarda la libertà nella fede: perché è così importante?
«E’ la libertà di accettare o no un dono di Dio. La fede non è qualcosa che noi possiamo trovare da qualche parte, semmai troviamo dei percorsi che ci fanno camminare verso la fede. Fede significa fiducia, affidamento. Quando nel Vangelo di Marco, Gesù dice “pentitevi e credete al Vangelo”, significa “rendetevi conto che siete su una strada sbagliata per le risposte della vita e affidatevi al Vangelo”. Il mondo europeo occidentale ha legato la fede a cose da fare e a gesti da compiere invece che alla certezza di una vita da vivere. La fede è il dono che esige accettazione perché la dimensione morale non nasce dall’imposizione di un precetto, ma quando si comprende l’amore, quando ci si sente amati. E questa riflessione deve portare genitori ed educatori a rendersi conto che non possono dire soltanto “fai questo”, ma devono spiegare perché. Non ci può essere fede senza l’assenso libero di ciascuno».
Altri temi centrali saranno le povertà e le fragilità sociali...
«Le povertà più immediate, più visibili sono quelle che toccano profondamente la dignità dell’uomo. Quindi qualsiasi discorso ulteriore che riguardi la fede o l’impegno sociale viene oscurato da queste necessità fondamentali. I nostri missionari la prima cosa che fanno nei paesi poveri è cercare di salvaguardare la salute, la vita e l’educazione. Nel nostro mondo occidentale abbiamo un senso di gnità anche nei riguardi del lavoro. E allora dobbiamo cercare di andare incontro a tutti questi tipi di povertà, anche a quelli meno evidenti, che toccano la dignità dell’uomo. Dobbiamo cercare di scoprire le altre periferie di povertà umana che talvolta vengono nascoste perché molte famiglie hanno vergogna a domandare»
...e il come porsi al servizio del bene comune.
«Il cristiano non può non avere a cuore il bene comune di tutti indipendentemente dal loro credo religioso, secondo i criteri fondamentali che hanno fatto dire a Paolo VI che la politica è forse la più alta espressione della carità. Se all’apertura del Sinodo verranno anche i sindaci li ringrazierò, non mi importa se bianchi o rossi o verdi, perché con loro la comunità cristiana istituisce patto di solidarietà per il bene comune. La comunità cristiana deve esprimere non solo un parere, ma delle forze vitali che si mettono al servizio di tutti, con rispetto vicendevole delle posizioni politiche che però non diventino causa di scissione su ciò che è molto più importante: la fede».
In un’Italia sempre più multietnica, il Sinodo come affronterà il tema dell’evangelizzazione?
«Oggi è intesa in modo diverso dal passato quando si andava dai popoli infedeli a convertirli per farli diventare fedeli. Dentro questa espressione un po’ banale, ci sta tutto quel lavorio che i nostri missionari stanno facendo ancora, alcuni rimettendoci la vita, che è proprio quel passaggio attraverso il recupero della dignità umana, perché poi chi vuole possa aprirsi a questo tipo di realtà religiosa, che è la rivelazione di un Dio che si mette dalla parte degli uomini e non sta ad aspettarli per giudicarli».
Molti gli appuntamenti per i giovani: dalle sue parole spesso emerge una forte preoccupazione per come vivono la sessualità e l’uso dei social network.
«I nuovi strumenti di comunicazione vanno a toccare non l’educazione ma le emozioni e la realtà sessuale è quella evidentemente più emozionante che esista. Una società che spinge a una libertà sessuale senza freni e limiti, come se fosse la vera affermazione della persona, non può che creare questa spaccatura interna. Per cui la sessualità che automaticamente richiama l’alterità diventa invece l’espressione della potenza del singolo e quindi dell’impotenza dell’altro che è la donna che viene messa sotto i piedi, conquistata. Oggi continuiamo a parlare di dignità della donna, ma allora perché per vendere una macchina ci vuole una donna nuda? Dobbiamo fare i conti con questo. La scuola da questo punto di vista sa dire qualche cosa di educativo? Non lo so. Ma dobbiamo renderci conto che a fronte di una crescita umana che ha i suoi tempi, questa crescita è portata all’eccesso già durante la prima adolescenza. Questo come fa a non farci preoccupare?».
Le suore uccise in Burundi, i cristiani cacciati dalle loro case in Iraq: qual è il suo stato d’animo oggi?
«I martiri ci sono sono sempre stati, ma papa Francesco dice che questa nostra epoca sta facendo più martiri che i primi secoli della Chiesa. Di questi tempi il martirio è diventato quasi una continuità e nasce da un fanatismo anche religioso. E’ un tornare indietro dell’umanità quando sembrava che fossimo arrivati a un rispetto generale per tutti».
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