MANTOVA. Riaperti i ponti, salvo Torre d’Oglio, mentre oggi sarà emesso il provvedimento che consente ai sindaci di revocare, dove le condizioni di sicurezza lo consentano, le ordinanze di sgombero per 320 cittadini facendo rientrare gli evacuati nelle golene. Il Po cala più velocemente del previsto, 4 centimetri l’ora, un metro al giorno. Finita l'emergenza in tutti i tratti del Mantovano, a partire dal Viadanese per giungere fino a Felonica.
Chiude il capitolo piena, dopo dieci giorni con il fiato sospeso per un evento che potrebbe essere, secondo i calcoli dell’Aipo anche il terzo del secolo. O addirittura secondo dopo il 2000 se non si considera la piena del 1951, quando la configurazione del Po era completamente diversa. Un evento straordinario, ma gestito quasi come se fosse una normale attività, grazie ad una organizzazione ed a sinergie che hanno messo in campo circa un migliaio di persone, coordinate dalla prefettura e dalla Provincia secondo un piano d’emergenza nato dopo la grande piena del 2000 e che oggi ha visto una prova sul campo pienamente riuscita.
Responsabile della sicurezza idraulica, cioè di tenere sotto controllo la situazione delle arginature, è Marcello Moretti, direttore della sede mantovana dell’Aipo, l’Agenzia interregionale per il Po che dalla sede di Parma, gestita dall’ingegner Bruno Mioni coordina tutti gli interventi sul bacino del più grande fiume italiano. Rodigino, 43 anni, sposato e con una figlia, figlio di un dipendente del genio civile, Moretti ha preso il posto che è stato di Salvatore Rizzo, che ha gestito l’emergenza del 2000 o di Luigi Sinigardi, solo per fare due nomi. Il suo insediamento a Mantova avviene dopo aver gestito il settore della navigazione nella nostra provincia.
Ingegner Moretti, quella che sta passando si può definire piena eccezionale?
«Certamente. Le quote raggiunte in tutta l’asta e nel Mantovano sono fra le più alte registrate dopo il 2000. Se non si considera l’evento del 1951, quando il Po era un altro fiume, completamente diverso da quello che abbiamo ora, siamo il terzo evento. In termini di centimetri, più bassi del 2000 e del 1994 (rispettivamente 9 metri e 96 e 9 metri e 28 a Borgoforte ndr) e più alti del 2002 (8 metri e 64 ndr). Ma stiamo facendo calcoli per ricostruire la portata che ha superato i 10mila metri cubi al secondo e potrebbe essere più importante di quella del ’94. Nella piena in atto, in sostanza, il Po alla fine si è allargato, anziché crescere».
Che ruolo hanno giocato le golene, si può dire che rompendosi e allagandosi hanno salvato Mantova? «Direi che più che salvare, hanno contribuito in modo importante a tenere basso il colmo, “laminare” come diciamo noi in termine tecnico. In termini teorici è chiaro che più alto è il fiume e più critica è la situazione, ma le golene ci sono proprio per questo. Per noi è fiume». Il mare influisce sulle piene? «Nel nostro caso, dopo la prima piena, soffiava scirocco e c’era alta marea. In queste condizioni nella parte terminale del fiume lo sfogo a mare rallenta. Per questo la seconda ondata ha trovato la piena precedente ancora in atto e questo ha contribuito ad alzare i livelli».
Quale è stato il momento più “brutto” di questa piena? «La situazione è sempre stata sotto controllo. Per dieci giorni abbiamo monitorato, grazie alla protezione civile, tutti gli argini metro per metro, intervenendo su tutte le chiamate, dai fontanazzi, alle possibili frane. In un solo caso abbiamo deciso un taglio controllato di un argine golenale. A San Giacomo Po. Lì non c’era tempo di comunicare formalmente. Ci siamo riuniti sul posto con il Comune e deciso. Se l’arginello fosse collassato di suo, il rischio era di danneggiare l’argine maestro. Per questo siamo intervenuti. In quella occasione ho visto vigili del fuoco all’opera in condizioni di forte criticità. Vanno lodati per quello che hanno fatto».
Alla luce di questa esperienza, cosa ha funzionato? «Intanto il personale umano. Ho trovato all’Aipo di Mantova gente preparata, in grado di gestire al meglio le emergenze. Poi il coordinamento della prefettura che ha fatto dialogare gli operatori creando lo scambio necessario delle informazioni. E poi volontari, vigili, forze dell’ordine ».
E cosa resta da fare? «Credo che il ruolo decisivo sia quello della prevenzione. Dobbiamo evitare di trovarci in allerta. E per questo serve potenziare le difese, come il tratto in Destra Po di Mirasole, ancora da rialzare. Lì abbiamo già il progetto da anni, ma i 6 milioni di costo non sono ancora disponibili. Servono poi manutenzioni. All’Aipo di Mantova siamo una ventina e gestiamo un milione e mezzo l’anno di manutenzioni avendo due sponde di Po, i manufatti e la regolazione del Garda, i laghi di Mantova, la navigazione e le conche. L’attenzione alla difesa del suolo è essenziale per evitare di trovarci in emergenza. E quando si verifica il disastro, è troppo tardi».
I commenti dei lettori