Giustizia in emergenza: manca il personale
Ha ruotato attorno al problema dell’insufficienza di magistrati e personale amministrativo addetto agli uffici giudiziari l’assemblea generale a Palazzo Martinengo, ex sede di Corte di appello e Procura generale, ha inaugurato l’anno giudiziario a Brescia

BRESCIA. Per la presidente di corte d’appello «i numeri del personale sono quelli di cento anni fa o poco più, benché i territori siano così cambiati, al punto di diventare i più industrializzati d’Italia, anzi d’Europa». Il rappresentante del Ministero della Giustizia raccoglie la palla e senza mezzi termini parla di «emergenza giustizia». Calca la mano anche il procuratore generale che parla di «situazione altamente drammatica per sottodimensionamento dell’organico».
Apertura anno giudiziario, emergenza organici
Ha ruotato attorno al problema dell’insufficienza di magistrati e personale amministrativo addetto agli uffici giudiziari l’assemblea generale che ieri mattina a Brescia, nell’ex sede di Corte di appello e Procura generale, ha inaugurato l’anno giudiziario. Un problema che pesa sulla giustizia di tutto il distretto di corte d’appello di Brescia – competente per i tribunali di Brescia, Mantova, Bergamo e Cremona – nell’ultimo periodo aggravato da una sequenza di pensionamenti che hanno ulteriormente spolpato il già magro organico degli uffici giudiziari. E nel futuro, a fronte dell’accorato appello dei vertici del Distretto per un incremento delle piante organiche, non sembra esserci una luce in fondo al tunnel. Se non quella di stagisti neolaureati affiancati ai magistrati o, per quanto riguarda il personale di segreterie e cancellerie, di esuberati provenienti dalle Province in via di smantellamento.
Nella relazione della presidente Campanato si fa riferimento a difficoltà espresse dal presidente del Tribunale di Mantova Luciano Alfani «per la carenza di magistrati, il 22% della pianta organica; per l’esiguità della pianta organica che andrebbe rinforzata, la vacanza anche relativa ai posti dei giudici onorari (7 sui 10 previsti) l’insufficiente numero relativo al personale amministrativo (63 unità) rispetto alla media nazionale, la necessità di cancellieri agli uffici del giudice di pace di Bozzolo, Asola (ora soppressi) e Viadana, con ripercussioni gravi sull’attività in continuo aumento dell’ufficio fallimentare, ufficio spese di giustizia e ufficio esecuzioni civili». Poco personale significa che la macchina della giustizia si inceppa. Lo dicono i numeri, anche a Mantova dove è stato rilevato un forte incremento, record nel Distretto, di procedimenti civili e penali pendenti: in un anno (dal luglio 2012 al giugno 2013 in confronto ai dodici mesi successivi) sono passati da 17.923 a 20.249.
Le difficoltà degli uffici giudiziari sono state riassunte, con un afflato e un’insistenza da leader sindacale, dalla presidente di Corte d’appello, Graziana Campanato. «Per le carenze di personale il distretto di Brescia, da sempre dimenticato, è il più maltrattato d’Italia dopo Venezia; e Mantova e Cremona hanno le posizioni più sacrificate – ha spiegato – negli uffici giudiziari serpeggia un forte senso di insoddisfazione, un alto grado di demoralizzazione e i carichi di lavoro comportano sentimenti di rammarico». E ancora: «Le promesse di premio meritocratico tradotte in compensi ridicoli al personale amministrativo, gli attacchi dall’esterno da chi non conosce il sovraccarico di lavoro e lo svilimento dell’attività giudiziaria hanno creato un clima di disorientamento che non favorisce il lavoro di squadra». Il che vuol dire rallentare una macchina della giustizia già lenta e peggiorare la qualità dei risultati. Anticipando alcuni punti del discorso di Giuseppe Santalucia, magistrato in rappresentanza del Ministero della Giustizia, che ha parlato di «risorse ristrette» e promesso di lavorare a soluzioni «su metodi alternativi di finanziamento e razionalizzazione dei servizi», la presidente Campanato ha osservato che «non è più pensabile che l’efficienza dipenda solo dalla riorganizzazione, dalla specializzazione, dalla fantasia e dall’aiuto di terzi, istituzioni, enti, autorità di governo locale, forze dell’ordine, giovani studenti, pensionati, società civile, imprese e mondo della cultura...».
«Condivido il tentativo legislativo della conciliazione, anche se non ci sono gli effetti sperati – ha insistito la presidente che tra meno di un anno lascerà la magistratura per la pensione – condivido anche la filosofia dei giudici ausiliari e dei tirocinanti, ma il fatto che questi lavorino senza alcuno stipendio non mi piace affatto. Il mio è un grido di dolore e dico: dignità a chi lavora per i nostri uffici». E ha concluso con un appello accorato alla politica: «Stiamo affrontando un futuro di sacrifici, un ridimensionamento sociale. Non ci vogliamo sottrarre ai nostri doveri, né rifiutare la partecipazione allo sforzo comune, ma il governo deve prendere atto che siamo arrivati a un punto estremo... deve fare la sua parte in modo ragionevole e concreto, deve rispondere alle nostre istanze, deve verificare se siano fondate, deve metterci in condizioni di lavorare meglio».
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