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Ustica: aereo abbattuto da un missile, i ministeri devono risarcire

Secondo la Corte d'Appello rimane confermata la responsabilità dei due dicasteri per non aver assicurato adeguate condizioni di sicurezza al volo Itavia 870

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L'aereo recuperato dalle acque del Tirreno (ansa)

ROMA. Secondo la sentenza della prima sezione civile della Corte d'Appello di Palermo, quanto avvenne nei cieli del basso Tirreno in occasione della strage di Ustica  è da addebitarsi a un missile lanciato contro il Dc-9 da un altro aereo che intersecò la rotta del volo Itavia e sono da escludersi le ipotesi alternative della bomba collocata a bordo o del cedimento strutturale.

La prima sezione civile della corte d'appello di Palermo ha rigettato gli appelli che l'Avvocatura dello Stato aveva promosso contro quattro sentenze emesse nel 2011 dal tribunale del capoluogo siciliano in merito alla vicenda del disastro del Dc-9 Itavia precipitato al largo di Ustica il 27 giugno 1980 (81 morti). A ricorrere al rito civile, citando i Ministeri dei trasporti e della difesa, erano stati 68 familiari delle vittime assistiti dagli avvocati Daniele Osnato e Alfredo Galasso che in primo grado si erano visti riconoscere un danno pari a oltre cento milioni di euro.

Secondo la Corte d'Appello rimane confermata la responsabilità dei due dicasteri per non aver assicurato adeguate condizioni di sicurezza al volo Itavia 870.
Secondo la sentenza, quanto avvenne nei cieli del basso Tirreno quella notte è da addebitarsi a un missile lanciato contro il Dc-9 da un altro aereo che intersecò la rotta del volo Itavia e sono da escludersi le ipotesi alternativa della bomba collocata a bordo o del cedimento strutturale.
La Corte d'Appello ha dichiarato la prescrizione al risarcimento da depistaggio per intervenuto decorso del termine quinquennale. Ha però confermato il risarcimento da fatto illecito rinviando all'udienza del 7 ottobre 2015 per l'esatta quantificazione del danno.
"Con queste quattro sentenze - commenta l'avvocato Daniele Osnato - la Corte di Appello di Palermo ha definitivamente chiuso, in punto di fatto, la vicenda giudiziaria identificando, al di sopra di ogni dubbio, che il Dc-9 sia stato abbattuto da un missile. Ogni contraria ipotesi è stata vagliata ed esclusa, compresa quella della bomba. Con buona pace di chi, ancora a distanza di 35 anni dal tragico evento, prosegue con informazioni deviate ed ipotesi del tutto prive di fondatezza".
"La verità processuale - sempre secondo il legale dei familiari delle vittime - coincide in questo caso con la realtà degli eventi e cioè che quella sera il Dc-9 dell'Itavia è stato abbattuto in un atto di guerra non dichiarata ad opera di un missile non identificato".

Nel disastro di Ustica persero la vita anche 5 mantovani. Tiziana e Daniela Marfisi erano due sorelle, due bambine di 5 e 10 anni in volo verso Palermo con i nonni materni, Paolo e Anna Licata. In volo verso una vacanza. I genitori - Enzo Marfisi, medico dell'Inps, e Dina Licata - avrebbero dovuto raggiungerle qualche giorno più tardi. Sul DC 9 c'era anche Lorenzo Ongari, 23 anni, geometra. Era il suo primo viaggio in aereo ed era entusiasta. Rita Guzzo, 30 anni, viveva a Mantova da cinque anni. Era impiegata all'Ufficio imposte dirette di Suzzara, ma aveva appena vinto un concorso nelle Ferrovie e presto si sarebbe trasferita a Padova, dove studiava psicologia. Quel giorno tornava nella sua Palermo. Alberto Bonfietti, 37 anni, mantovano residente a Mestre, fratello di Daria Bonfietti, il DC 9 l'aveva preso per andare al compleanno della figlia.

"E' la conferma che leggendo bene non si può non scrivere, come già hanno fatto due sentenze delle Cassazione, che i ministeri sono responsabili. E che dopo la sentenza-ordinanza del giudice Priore, che ha accertato definitivamente le cause, ogni richiesta in sede civile non può che terminare, ragionevolmente, in questo modo". E' il commento di Daria Bonfietti, mantovana d'origine (nella strage perse il fratello Alberto), presidente dell'associazione familiari delle vittime della strage di Ustica, alla sentenza della Corte di appello di Palermo. Per Bonfietti ora l'auspicio è che "di fronte a queste sentenze che si ripetono" si possano convincere di queste posizioni anche "tutti coloro che hanno dei dubbi, tutti gli avvocati dello stato possibili".

 

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