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«Sull’accoglienza c’è tanto da fare»

Presentato a Sermide uno studio sulle capacità dei Comuni di includere i migranti

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SERMIDE. “Piccoli comuni e coesione sociale. Politiche e pratiche urbane per l’inclusione spaziale e sociale degli immigrati: il caso di Sermide” è il titolo del progetto presentato di recente al cinema Capitol di Sermide, realizzato con il patrocinio del Ministero della Ricerca, la collaborazione della Caritas dell’unità pastorale "La Riviera del Po" e illustrato da Roberta Marzorati e Michela Semprebon, ricercatrici del dipartimento di sociologia e ricerca sociale dell’Università Milano-Bicocca. Al tavolo dei relatori anche Paolo Calzolari, Annalisa Bazzi, Paola Motta, sindaci di Sermide, Felonica e Carbonara, Claudio Piccina, del piano di zona distretto di Ostiglia ed Elena Magri, assessore provinciale all’immigrazione.

Tra il pubblico massiccia la rappresentanza delle comunità migranti del territorio, le associazioni degli agricoltori e sindacali. L’indagine, svolta su tutto il territorio nazionale, in Lombardia ha coinvolto tre comuni tra cui Sermide, considerata la specifica presenza di lavoratori stranieri impiegati in agricoltura e l’atteggiamento che la società civile volta a realizzare un’inclusione reale.

Le ricercatrici hanno ricordato che a Sermide il 12,3 % della popolazione è straniera (4,22% nel 2003, 8,4% nel 2008), in maggior parte marocchina. In età scolare la percentuale supera il 30%. Con la raccolta estiva del melone i lavoratori extracomunitari sono 1500, impegnati nelle 60 aziende produttrici. Enti pubblici ed associazioni in questi anni hanno attivato tutti gli strumenti di accoglienza e integrazione. L’apposita sottocommissione provinciale ha regolato la quota d’accesso annuale indispensabile alla raccolta in serra, passando dai 2331 ingressi del 2009 ai 50 del 2014, anche se per le associazioni degli agricoltori non ce ne sarebbe bisogno, i residenti bastano e avanzano.

Dalla ricerca emerge il permanere di problematiche, come le ore sottopagate da parte di qualche datore di lavoro o delle cooperative intermediarie create dagli stessi stranieri (con fenomeni di caporalato), la mancanza di servizi e alloggi, i contrasti fra immigrati di diversa provenienza. L’omertà e la mancanza di coesione fra sfruttati rischiano di alimentare l’illegalità, anzi rafforzarla. Fra il pubblico c’è chi ha ricordato la forza della lega "bianca" dei braccianti sermidesi che, a fine ’800, con il collocamento di classe permise ai lavoratori stessi di contrattare le assunzioni degli uomini nelle campagne e delle mondine destinate alle risaie piemontesi.

Siro Mantovani

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