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Lottizzazioni abusive del Trincerone: «Nessuna discriminazione»

Il Tar respinge i ricorsi dei sinti e li condanna a pagare le spese legali. Per i giudici le ragioni della comunità contro le ordinanze sono infondate

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MANTOVA. Ricorsi infondati e, quindi, da respingere in toto. Con la beffa, per i ricorrenti, di dover pagare anche le spese legali al Comune. È la conclusione del primo round davanti al Tar di Brescia sulle lottizzazioni abusive che l’ente di via Roma ha contestato ai proprietari di terreni, di etnìa sinta e non, nella zona del Trincerone.

MANTOVA. Le prime quattro sentenze che confermano gli abusi edilizi sono già state pubblicate e riguardano le costruzioni realizzate in via Trincerone e in via Mori da quattro famiglie sinte; la quinta, riguardante il ricorso di una persona che non appartiene alla comunità sinta, non è ancora stata pubblicata ma, difficilmente, nelle conclusioni, i giudici si discosteranno dalle precedenti quattro.

Ai proprietari, come extrema ratio, non resta che ricorrere al Consiglio di Stato per di ribaltare la sentenza che li ritiene responsabili di abuso edilizio li condanna, ognuno, a pagare al Comune 2mila euro di spese legali. Nelle sentenze, la prima sezione del Tar (presidente Angelo De Zotti, consiglieri Mauro Pedron e Francesco Gambato Spisani) «smontano» tutti i motivi dei ricorrenti e fissano dei princìpi importanti.

Innanzittutto, stabiliscono che le ordinanze di sospensione delle lottizzazioni ritenute abusive, emesse dal Comune nel marzo 2013, non sono una discriminazione nei confronti di un’etnia, quella dei sinti, come invece avevano ritenuto i ricorrenti (nei ricorsi viene ricordato che l’associazione Sucar Drom si era vista respingere, in sede di approvazione del Pgt da parte del consiglio comunale, una sua osservazione volta, a suo dire, a proteggere i sinti).

Non solo. Viene anche ribadito il principio, qualora ce ne fosse bisogno, che la legge è uguale per tutti e che, quindi, tutti devono rispettarla. Esiste sì un diritto all’abitazione, riconosce il Tar; però, esso «non può esercitarsi senza limiti», altrimenti nessuno avrebbe più la garanzia che i propri diritti siano inviolabili. Per i giudici, dunque, la lottizzazione abusiva ci fu perché quei terreni sono a destinazione agricola e su di essi non si possono costruire strutture se non al servizio dell’attività agricola che, però, i ricorrenti non esercitano.

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