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Se votare e indignarsi è un dovere

Paolo Boldrini
1 minuto di lettura

Una certezza fra tanti dubbi: oggi si chiudono le parentesi del sindaco Sodano a Mantova e del commissario Alberti a Viadana. Nella notte, finito lo spoglio dei ballottaggi, sapremo chi guiderà i due municipi. Tempo dunque di bilanci per chi lascia e di programmi per il futuro per chi entra. Una riflessione a caldo. Nel suo saluto ai cittadini Nicola Sodano - primo sindaco di centrodestra dal dopoguerra - è stato generoso con se stesso. Ha liquidato in una riga del messaggio (“nonostante la turbolenza politica decisamente sopra le righe”) una crisi perpetua che ha caratterizzato il suo mandato. In cinque anni ha cambiato altrettante giunte, schierando diciotto assessori.

Una girandola causata dalla debolezza di una maggioranza nata da un matrimonio d’interesse e non d’amore: l’apparentamento con la lista civica arancione. Alleati persi per strada (Lega e Benedini), sono stati sostituiti da cacciatori di poltrone che hanno creato movimenti ad hoc pur di entrare in giunta (Dall’Oglio). Per tirare a campare il sindaco Sodano è stato costretto a scendere a continui compromessi, partendo da un presupposto: da qui non mi muovo. Così abbiamo assistito nell’ultimo anno alla commedia di una giunta che vivacchiava senza i numeri in consiglio, grazie ad espedienti e colpi di teatro come la scomparsa del leghista Simeoni nella notte del voto di sfiducia. Per la città è stato un calvario. Domani si volta pagina.

Davanti al pericolo dell’astensionismo, che non ha risparmiato nemmeno l’Emilia e il Trentino, citiamo le parole di Stéphane Hessel nel libro “Indignez vous”: «L’indifferenza è il peggiore di tutti gli atteggiamenti, dire: io che ci posso fare, mi arrangio. Comportandoci in questo modo perdiamo una delle componenti essenziali dell’umano. Una delle sue qualità indispensabili: la capacità di indignarsi e l’impegno che ne consegue». Non lasciate che siano altri a scegliere il destino della vostra città, votate e poi fatevi rispettare da chi la governa. Come ricordava il presidente degli Stati Uniti, John Kennedy, nel suo discorso d’insediamento nel 1961: “Non chiedete cosa può fare il Paese per voi, ma cosa potete fare voi per il vostro Paese”.

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