Dieci azioni per la calza, il piano ha l’ok di Roma
La delegazione del distretto ottiene il sostegno del governo. La ricetta? Cooperativismo, lotta all’illecito, ricerca e un marchio ‘Dop’
di Francesco Abiuso
CASTEL GOFFREDO. Al rientro dalla loro missione romana, i componenti della delegazione andata a chiedere un impegno del governo per il salvataggio del distretto della calza si sono detti soddisfatti. «Il ministero dello Sviluppo economico ha ricevuto le nostre istanze, le ha giudicate meritevoli di essere studiate – racconta il sindaco di Castel Goffredo, Alfredo Posenato –.Ci hanno anche chiesto di presentare un progetto più dettagliato da potere inserire nelle loro iniziative». E ancora: «Il documento che abbiamo consegnato al direttore generale Stefano Firpo è il frutto di un percorso che è riuscito a mettere dalla stessa parte soggetti schierati spesso su fronti opposti: sindacati, aziende, enti locali, associazioni imprenditoriali e di settore». Con Posenato c’erano anche il vicepresidente di Adici Luca Marzocchi, la vicepresidente della Provincia Francesca Zaltieri, i sindacalisti di Cisl e Cgil.
Ma che cos’è il piano per la calza di Castel Goffredo che la delegazione ha discusso con il ministero? Consta in una decina di misure che, insieme, possono rilanciare il distretto.
Eccone l’elenco: 1) un maggiore controllo sulle micro aziende del territorio per potenziare il «contrasto all’illegalità diffusa e in evidente aumento, implementando l’attività ispettiva con specifica attenzione al fenomeno distrettuale»; 2) un deciso sostegno al cooperativismo (specie se ha per protagonisti ex lavoratori) che consentirebbe la salvaguardia della filiera e l’inclusione dei laboratori operanti nelle lavorazioni accessorie. «La cooperazione – si precisa – potrebbe prevedere il recupero di luoghi e strumenti oggi non più in uso, e con accordi finanziari consentirebbe la nascita di start up senza la necessità di consistenti investimenti e di liquidità a breve termine»; 3) il contrasto delle attività illecite e la tutela della proprietà intellettuale e della salute dei lavoratori; 4) il sostegno finanziario allo start up delle attività; 5) la salvaguardia e tutela della filiera, preservando i laboratori e le imprese operanti nelle lavorazioni accessorie (cucitura, confezione, finitura); 6) un ricorso ai contratti di solidarietà «per sortire effetti sia difensivi che espansivi»; 7) il sostegno e il potenziamento alle attività di ricerca e sviluppo più evoluti, come quella delle nano particelle e della microtecnologia della produzione eco-sostenibile. 8) l’incentivazione all’aggregazione tra aziende, utile anche all’internazionalizzazione: fisco, accesso al credito facilitato, meno burocrazia; 9) l’estensione delle esportazioni a zone extra-Ue; 10) la lotta alla contraffazione e alle etichette che danno informazioni non corrette sulla qualità del prodotto e sull’origine. Inoltre, «serve un “marchio ombrello” (esempio: la calza di Castel Goffredo) non per catturare la fiducia delle consumatrici ma quella dei distributori e dei grandi compratori».
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