Tutte le lettere al direttore di oggi sabato 27 giugno
REGIONE
La sanità pubblica ancora sacrificata
Sere fa a Bozzolo abbiamo assistito alla farsa offerta, da gran parte della politica regionale, ai cittadini del territorio per raccontare la loro finta opposizione a quella riforma ormai decisa in Regione dai soloni che dall’alto, come sempre, decidono sulla pelle delle persone.
La sanità privata riuscirà ad avere presto nuovi accreditamenti nelle proprie strutture e magari sarà offerta loro su di un piatto d’argento anche qualche struttura che gradualmente sarà prima svuotata e poi ceduta (belle e che pronta, ristrutturata a spese di tutti noi e con attrezzatura tecnologica lasciata a disposizione). Lo stesso accorpamento previsto la dice lunga in merito alla gestione di quell’area vasta che vedrà oltre 500.000 abitanti perdere in termini di servizi e che Regione Lombardia, con la nuova riforma sanitaria, lascerà svuotata di quanto ora il territorio offre quale eccellenza sanitaria pubblica. La parte più squallida è avvenuta con la richiesta dell’avallo dei sindaci del territorio a questa falsa protezione al di là del credo o colore politico.
Il cerino in mano a loro dunque con la richiesta da parte dei consiglieri regionali di una firma su un documento che dovrebbe essere condiviso ma, ad oggi,non ancora preparato dall’assemblea dei sindaci.
Ad avvalorare la tesi della presa per i fondelli la mancata presenza in sala di alcuni importanti sindaci della Lega e l’uscita strategica del sindaco Renoldi, (Lega) accompagnato dal consigliere provinciale Pasetti.
La presenza dell’imprenditore Nicchio, che monopolizza in toto la sanità privata mantovana, ha voluto dimostrare ai presenti (se ancora ce ne fosse stato bisogno) quanto la Regione Lombardia abbia il cosiddetto canale di comunicazione privilegiato con chi ci ha detto che i previsti cambiamenti sono praticamente cosa fatta e decisa piaccia o non piaccia a cittadini e amministratori locali. Il tutto a pochi giorni dal voto in aula sulla quella riforma che passerà come un rullo compressore sulla sanità pubblica (e solo quella) della nostra zona. La stessa indecente farsa che a Bozzolo avvenne (con altri amministratori e consiglieri regionali di maggioranza e opposizione) pochi anni fa quando si perse, trasferendolo, il reparto di Riabilitazione Cardiorespiratoria e iniziò la prima parte di quella riorganizzazione che di pari passo ha visto espandersi nuove strutture private accreditate. Questa commedia, come allora, ci è stata offerta da chi per proprio interesse politico partitico e di mantenimento di poltrone e consenso vuol far passare come tutela e bene del territorio, consapevole del fatto che poi i cittadini dimenticano e tutto passa siano alla prossima commedia che potrebbe essere da ridere se non ci fosse, ogni volta invece, di che piangere a calde lacrime!
Giovanna Colombo
Fabio Raboni
POGGIO RUSCO
L’infortunio all’asilo nido
Sulla Gazzetta di Mantova di ieri compare un articolo intitolato “All’ospedale sbuca Mario Balotelli” che accosta la presenza del campione a Pieve di Coriano al fatto del piccolo incidente avvenuto all’asilo nido comunale di Poggio Rusco citando il sottoscritto come fonte.
Voglio precisare che io sono stato contattato, a tarda sera, da un giornalista del vostro giornale per confermare quanto contenuto nel comunicato fatto dall’amministrazione comunale in merito all’accaduto dell’asilo nido e questo ho fatto.
Accostare due fatti che per caso si sono intrecciati, è vero che i genitori del piccolo hanno visto Balotelli a Pieve di Coriano, ma che non c’entrano l’uno con l’altro e dare maggiore risalto alla notizia su Balotelli che sul piccolo incidente di cui mi stavo occupando, lede la mia immagine (non faccio l’avvistatore di vip) e non fa altro che fare confusione su una vicenda delicata che, fortunatamente, stiamo chiarendo. In queste ore ho avuto modo di confrontarmi con la mamma del bambino coinvolto che si è già scusata per i toni utilizzati nei giorni scorsi e che sta continuando a portare il bambino all’asilo perché dice di avere fiducia nelle maestre. Nei prossimi giorni ci incontreremo con la famiglia in comune per chiarire tutta la vicenda, per attivare tutte le procedure previste dal caso, per valutare se esistano miglioramenti da apportare alla struttura e per cercare di evitare che cose del genere possano ripetersi perché piccoli episodi non possono mettere in discussione il fatto che la sicurezza e la salute dei bambini siano sempre state di primaria importanza per il personale del nostro asilo nido che è un’eccellenza educativa del territorio riconosciuta da centinaia di famiglie.
Fabio Zacchi
Vicesindaco
di Poggio Rusco
VIA TRINCERONE
Un quartiere degradato
Come residenti da anni in via Parma e via Trincerone approfittiamo dello spazio a disposizione per esprimere il nostro dissenso su com’è gestita dal comune di Mantova tale zona.
Da decenni abitiamo nel luogo sopra citato e possiamo garantire che non è mai stato effettuato alcun intervento atto a migliorarlo. Siamo sprovvisti di allacciamento all’acquedotto, al gas, alle fognature.
Tutta l’area è priva di illuminazione, via Trincerone è il luogo ideale per scarichi abusivi di rottami e rifiuti illegali.
Le piante, che ci risultano essere di proprietà comunale, non sono mai state oggetto di potatura e manutenzione, compromettendo la tenuta dei cavi dell’Enel.
Sarà per questo che la zona ha avuto un’interruzione di corrente di ben trentasei ore consecutive durante la nevicata?
Altro problema da segnalare e mai risolto è questo: in via Parma sfrecciano tir di ogni dimensione nonostante il divieto e veicoli di ogni tipo non rispettano il limite, poiché non c’è controllo. Dal momento che questa situazione è immutata da più di cinquant’anni, ci sentiamo cittadini di serie B, considerati solo nel momento del pagamento delle tasse che, per quanto esposto sopra, non hanno avuto per noi alcuna ricaduta sull’efficienza dei servizi forniti. Confidando nell’attenzione della nuova amministrazione comunale, porgiamo i più distinti saluti.
Sergio Bossi
Dina Negri
Loretta Bedini
Mara Bedini
Walter Morselli
Salvatore Altabella
VIALE GORIZIA
Un semaforo è possibile
In merito alla risposta della Polizia locale sul tragico incidente all’incrocio tra viale Carso e viale Gorizia, secondo la quale sarebbe impossibile posizionare un secondo semaforo a poca distanza da quello esistente nell’incrocio tra viale Sabotino e viale Gobio per evidenti ragioni di viabilità, da ignorante in materia volevo sapere perché non si invertono i sensi di marcia di viale Sabotino e viale Carso in modo da avere un incrocio di due vie in entrata in viale Gorizia, viale Sabotino e viale Gobio, con il semaforo e un altro incrocio tra viale Carso e viale Vaschi in uscita. Questa soluzione non creerebbe grossi problemi all’attuale viabilità e renderebbe più sicuri gli incroci permettendo una migliore visibilità per l’incrocio in uscita e proteggendo con il semaforo quello in entrata. Grazie.
Daniele Bennati
VIALE RISORGIMENTO
Da stazione passante a presidio sociale
Negli ultimi giorni sui media locali tiene banco la notizia dell’episodio avvenuto in viale Risorgimento, dove un giovane durante un diverbio ha aggredito un commerciante e i passanti con un coltello da cucina.
Tra le cause della percezione di insicurezza i residenti puntano il dito anche sulla stazione passante Apam, abbandonata da anni e divenuta zona di atti di bullismo e micro-criminalità.
Questa venne edificata nel 2007 durante la grande operazione speculativa di piazzale Mondadori, quando l’autostazione principale venne smembrata per fare posto a un cantiere infinito che, dopo quasi dieci anni, è ancora lì a dimostrare il degrado della politica mantovana.
La mini-stazione dopo l’inaugurazione è stata ben presto abbandonata in mezzo ai continui tagli di risorse per il trasporto pubblico e ai rincari dei costi per i pendolari e per le famiglie degli studenti. Lo scorso dicembre, in vista delle elezioni, il Comune di Mantova insieme ad Apam aveva stanziato 25 mila euro per un’opera di riqualificazione improvvisata che avrebbe dovuto eliminare le pareti della struttura rendendo la stazione passante più simile alle semplici pensiline presenti nel resto della città.
Periodicamente i casi di micro-criminalità e vandalismo hanno spostato il centro del problema dalla viabilità/trasporto pubblico locale a quello del degrado urbano, facendo dimenticare il fatto che anche una stazione funzionante e servizi pubblici efficienti sono il miglior antidoto a situazioni critiche.
Una scelta coraggiosa e in controtendenza sarebbe quella di fare della stazione di viale Risorgimento un presidio sociale che offra servizi non solo ai pendolari, ma anche agli abitanti del quartiere, in modo da incontrare le esigenze di una importante fetta di popolazione stimolando forme di aggregazione e di controllo partecipato. Per intraprendere questa strada serve però una volontà politica che in questa città sembra mancare e che si limita a maggiore videosorveglianza e, nei casi peggiori, a veri e propri deliri securitari. Sarebbe ora di cercare soluzioni innovative che vadano alla radice dei problemi e che non si fermino ad interventi securitari di facciata utili solo per lavare la coscienza di una classe politica che in dieci anni ha distrutto la città e continua ad autoassolversi.
eQual Mantova
VIA ROMA
Occasione persa per il consiglio
Apprendo dalla Gazzetta che il neo sindaco Mattia Palazzi ha formato la giunta comunale. Mi pare che il percorso sia stato tranquillo, al riparo delle solite contese feroci. Quindi un buon segnale. Fermo il resto, tuttavia, una considerazione del tutto teorica sulla presidenza del consiglio comunale mi sento di farla. Gli addetti ai lavori e quanti hanno esperienza di consiglio, forse un po’ meno i cittadini, sanno quanto influiscano sulla qualità delle deliberazioni consiliari la qualità democratica del dibattito che si sviluppa in aula insieme alla certezza della conformità al quadro normativo e regolamentare, dalle quali dipende la effettiva capacità collegiale del consiglio di svolgere, in piena autonomia dall’esecutivo, il suo compito di indirizzo e controllo politico-amministrativo. In altre parole, si tratta di salvaguardare l’equilibrio di poteri tra giunta e consiglio, come nella lettera e nello spirito del testo unico enti locali. Da qui si può tracciare il profilo del presidente del consiglio. Una figura al di sopra delle parti, capace di rappresentare l’intero consesso, nell’interesse dei cittadini che esso legittimamente rappresenta. Non è stato sempre così in passato e sono ancora convinto, per esperienza diretta di consigliere, che nei cinque anni passati il consiglio poteva fare di più e meglio con una gestione volta più alla tutela delle prerogative del consiglio che non alla difesa della maggioranza e del governo cittadino. Avendo votato nel 2010, nella posizione di consigliere di minoranza, per il presidente uscente, ritengo di essere al riparo da pregiudizi. Da qui arguisco che un buon presidente del consiglio, se si vuole abbozzarne il profilo per poi cercare la persona a questo più conforme, dovrebbe possedere sufficiente autorevolezza per investitura elettorale, sufficiente autonomia rispetto alle parti più strettamente politiche del consiglio (concetto di terzietà) e, se possibile, dimestichezza con lettura, interpretazione e applicazione di leggi e regolamenti. Avevo letto nei giorni scorsi che per la presidenza del consiglio circolava l’ipotesi di Iacopo Rebecchi, primo eletto nella lista civica Palazzi 2015 con 211 preferenze - più del doppio del secondo - avvocato, presidente dei giovani avvocati.
Non conosco Rebecchi, ma la sua candidatura mi sembrava rispondere al profilo che a me sembra adeguato, nell’interesse pubblico che l’intero consiglio rappresenta: autorevolezza per consenso elettorale, autonomia dal partito di maggioranza in quanto eletto nella civica della coalizione, competenza giuridica. Non è andata così. Forse è un’occasione persa.
Sergio Ciliegi
SOLFERINO
I comuni uniti anche nella pace
Rivivere una battaglia tanto sanguinosa quale fu quella combattuta tra Solferino e San Martino quel fatidico 24 giugno 1859, con una carneficina inenarrabile deve aiutare tutti noi ad apprezzare la pace così faticosamente conquistata. È questo lo spirito con cui ogni anno ci apprestiamo a ricordare per non dimenticare. E così è sempre bello vedere a Castiglione tanti giovani pionieri di Croce Rossa sfilare per la fiaccolata che vuole ricordare al mondo intero come fu proprio da quella storica battaglia risorgimentale che Henry Dunant ebbe la folgorazione che lo porterà a fondare, appunto, la Croce Rossa. Il Dunant all’epoca si trovava a passare da queste parti, in quanto interessato a incontrare per affari personali Napoleone III e mai avrebbe pensato quale movimento umanitario avrebbe generato l’impressionante quadro apocalittico, che si presentò ai suoi occhi. Un soccorso quello prestato dalle donne castiglionesi senza distinzione di nazionalità, con le chiese ad ospitare i feriti. E nessuno avrebbe potuto pensare che in seguito Castiglione e Solferino si sarebbero contese il primato di culla della Croce Rossa. Una querelle durata a lungo e che alla fine si risolse collocando a Solferino sul colle dei cipressi il memoriale e a Castiglione il museo internazionale. Decisione salomonica ed equilibrata, in quanto se é vero che Castiglione fu il teatro del soccorso, è altrettanto vero che il soccorso non ci sarebbe stato se non si fosse combattuto a Solferino. Una tregua sancita nel lontano 1959, quando vennero su queste terre a benedirla gli allora presidenti della Repubblica Charles De Gaulle e Giovanni Gronchi.
È ancora vivo in me allora ragazzino il ricordo di quella storica giornata centenaria, in cui Francia e Italia si univano nel dire di no a guerre sanguinose come fu quella del 1859. Oggi Castiglione e Solferino rinsaldano questa loro alleanza di un tempo attraverso un percorso che potrebbe portare le due comunità a riunirsi in un solo Comune. Sarebbe un segno ulteriore e importante, per questo le due amministrazioni stanno muovendo passi concreti perché ciò possa accadere.
Luigi Cavalieri
L'INTERVENTO
La Mantova-Milano incubo dei pendolari
Martedì, a causa del maltempo, un albero è caduto sui binari all’altezza di Malagnino e il treno RegioExpress partito da Cremona alle 18.22 non ha potuto evitarlo. Niente da recriminare su questo, sono cose che possono capitare con il maltempo. La cosa inaccettabile è il tempo richiesto per organizzare un servizio sostitutivo. L’unico autobus da Cremona per Mantova è partito dopo le 22! Forse è stato chiamato da Aosta?
A quel punto molti dei pendolari se n’erano già andati con mezzi di fortuna. Giovedì, dopo le 17, un treno ha abbattuto la linea aerea a Casalpusterlengo. Anche qui dobbiamo dire che può capitare. Ma come ha organizzato le corse Trenord?
Il treno per Mantova partito da Milano alle 17.15 è stato soppresso a Lodi, mentre i treni regionali per Piacenza arrivati poco dopo a Lodi potevano passare sull’unico binario agibile.
Indicazioni date dal personale di Lodi per i passeggeri diretti a Cremona: prendere i regionali per Piacenza per raggiungere Codogno (un treno per Terni è stato fatto fermare appositamente a Codogno). Indicazioni per i passeggeri diretti a Mantova: attendere il treno successivo, nella totale incertezza su quando sarebbe arrivato. Esito di questa geniale trovata: tutti a Codogno ad affollare i binari, in attesa - cremonesi e mantovani - del treno successivo (il treno delle 18.20 da Milano centrale) che viaggiava, per gli stessi motivi, con un ritardo arrivato fino ai 60 minuti senza che nessuno lo comunicasse ufficialmente. Le uniche informazioni sono state riservate ai pendolari diretti a Piacenza.
Beati loro. Ci siamo rivolti al personale di bordo e al personale in stazione a Lodi (a Codogno, vista l’esperienza lodigiana, abbiamo desistito). Il personale di bordo ha cercato di proporre una soluzione di compromesso, visto che un binario andava.
Si poteva, infatti, alternare treni per Piacenza con il treno per Mantova. Ma questa scelta così apparentemente ragionevole non è stata presa in considerazione da nessuno di quelli in alto, che prendono le decisioni. Il personale dell’ufficio movimento di Lodi si è trincerato dietro due agenti della Polfer, senza fornire né spiegazioni né, tantomeno, informazioni. Nessuno, quindi, ha saputo dirci perché è stata fatta questa scelta.
A dire il vero, nessuno è venuto nemmeno a parlare con noi. Le informazioni date a Lodi erano a dir poco vaghe: «Prendete il treno per Terni», senza nemmeno dire a che ora il treno sarebbe transitato. L’informazione ufficiale della soppressione del Mantova non è nemmeno mai arrivata.
In questi casi ci dicono sempre: «Non decidiamo noi, decidono dall’alto». E noi abbiamo sempre l’impressione di parlare con persone che non sanno nemmeno cosa sta succedendo.
Che non si sono mai trovate a fronteggiare queste situazioni.
A cui, di sicuro, di noi viaggiatori non importa niente. Ora vorremmo sapere da chi e perché è stata fatta questa scelta. Ne abbiamo il diritto perché paghiamo un servizio, regolarmente, anticipatamente mese per mese, anno per anno.
Non siamo bestie su un carro bestiame. Ci viene un dubbio: che sia perché la regione Emilia Romagna chiede conto a Trenord per i ritardi, mentre regione Lombardia è socia di Trenord e quindi non chiede penali, nella sua duplice posizione di controllore e controllato?
Siamo stanchi di essere presi in giro da gente che non sale mai sui treni e decide sulle precedenze, comodamente seduta alla scrivania, senza sapere nemmeno dove sono paesi come Torre De’ Picenardi o Castellucchio. Senza metterci la faccia. Che ti spostano da una stazione all’altra, non secondo una strategia ordinata, ma solo per toglierti dai piedi, nella speranza che così qualcuno di noi riesca ad arrivare a casa con altri mezzi, risolvendo loro il problema di portare tutti i passeggeri a destinazione.
Al solito, a loro auguriamo almeno un mese di pendolarismo in queste condizioni. Così avranno anche il tempo di imparare dove sono Torre De’ Picenardi e Castellucchio.
Ed è pure ora che gli amministratori locali si muovano e facciano sentire la loro voce a Regione Lombardia, non si può andare avanti così! Altro che 380 treni che ti portano a Expo!
Speriamo che questa lettera non cada, come al solito, nel vuoto e chi di dovere ci dia una risposta sulle scelte che sono state fatte. Ne abbiamo il diritto. Noi pendolari siamo esausti.
Sara Pasquali
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