In evidenza
Sezioni
Magazine
Annunci
Quotidiani GNN
Comuni

Non rubò il dipinto al Poma: assolto dopo tre anni

Il dipendente dell’ospedale Poma fu inquadrato dalla telecamera mentre usciva. «Ma non trasportava il quadro antico, era una poltrona da riporre nel ripostiglio»

di Giancarlo Oliani
1 minuto di lettura

MANTOVA. È finito a processo per un furto mai commesso. Una gogna durata tre anni prima della sentenza di assoluzione emessa giovedì mattina dal giudice Ivano Brigantini. Il 41enne dipendente dell’ospedale Carlo Poma era stato rinviato a giudizio il 17 aprile del 2012 per il furto di un dipinto del diciassettesimo secolo, raffigurante l’Adorazione dei pastori, appeso a una parete della portineria dell’ospedale. Un olio su tela recuperato a distanza di qualche giorno nella vetrina di un antiquario, poi finito sotto accusa per ricettazione.

Gran parte dell’impianto accusatorio si era retto, fin dall’inizio, su alcune immagini, riprese dalle telecamere a circuito chiuso dello sportello bancario interno all’ospedale, che lo avevano inquadrato alle cinque e mezza del mattino mentre usciva trasportando qualcosa. Soltanto molto tempo dopo è stato ipotizzato, e quindi chiarito, che quel qualcosa non era il quadro, ma una poltrona. Una di quelle utilizzate di notte dagli operatori che la mattina di buon’ora vengono riportate in un ripostiglio. Un abbaglio - la poltrona scambiata per una tela - che ha creato non pochi problemi al dipendente dell’azienda ospedaliera. La tesi del difensore, l’avvocato Roberto Canevaro del foro di Verona, ha demolito le accuse, smontandole una ad una. E la prova chiave che ha condotto il dipendente alla sbarra, cioè l’immagine di lui che portava fuori dall’ospedale quello che poteva sembrare un dipinto, alla fine non ha retto.

Altro elemento determinante per la sentenza, il fatto che il presunto ricettatore del dipinto - imputato in un altro procedimento - non abbia avuto alcun contatto telefonico con lui. Anzi, gli investigatori, forse sottovalutando i tabulati telefonici, non si sarebbero accorti che c’erano stati dei contatti con diversi numeri dell’ospedale Poma, tra l’altro in momenti in cui il dipendente accusato non era di turno.

E ancora: nella notte del furto era scattato un allarme che aveva costretto il dipendente ad allontanarsi per ragioni di servizio dalla sua postazione, rimasta temporaneamente priva di sorveglianza. «C’è anche da dire - osserva l’avvocato difensore - che tra le sue mansioni non rientra la vigilanza. È emerso anche come negli ospedali, compreso il Poma, trascorrano la notte anche barboni, tossicodipendenti e senzatetto, tra cui avrebbe potuto nascondersi il potenziale ladro».

«Certo è - arriva alle conclusioni l’avvocato Canevaro - che se le indagini fossero state fatte in modo più attento (vedi i tabulati telefonici) e preciso (vedi le immagini delle telecamere) il mio assistito avrebbe evitato il disagio e il peso di un così lungo processo».

I commenti dei lettori