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Gli orfani della palestra

Paolo Boldrini
1 minuto di lettura

POGGIO RUSCO. C’è mancato poco che ci scappasse una lacrima nel vedere le fotografie scattate da Roberta Bassoli sulla demolizione della palestra delle scuole medie di Poggio Rusco. Sarà anche per l’età che avanza e per la lontananza dal paese natio, ma tra quelle pareti sono state scritte pagine di storia scolastica e pallavolistica, che da queste parti significa molto.

In fondo scuola e sport a quei tempi si confondevano visto che, almeno per noi, la figura centrale era sempre il professor Carlo Moretti, detto il Fante, “il filosofo del volley” come fu ribattezzato dal collega Massimo Vincenzi, ora caporedattore a Repubblica, in un’intervista sulla Gazzetta di Mantova. Su quel campo si formò un movimento che negli anni portò la squadra sponsorizzata dalla Truzzi prefabbricati in B1 e sbocciò il talento di Andrea Anastasi, poi arrivato in serie A e in Nazionale come giocatore e allenatore.

Accesissime le sfide tra le classi, in particolare la sezione C, in cui militava lo stesso Andrea che vinceva da solo tutte le partite. Impressionante già in prima media la sua agilità nel saltare un metro da fermo, compensando così un’altezza poco adatta a uno schiacciatore. Sotto quel tetto sono passate tante persone che hanno fatto la storia della pallavolo come il presidente Poli, padre di Guido (un altro giocatore). Toccò a lui vendere il pezzo più pregiato della squadra, il solito Anastasi, finito alla Veico Parma per una rete di palloni. Vista la penuria di risorse facevano comodo.

Ma in quella palestra non si muoveva foglia senza il permesso di Remo Merighi, molto più di un custode. Un uomo buono, di una simpatia straordinaria, famoso in paese per la sua partecipazione alla trasmissione Portobello di Enzo Tortora. Le sue massime erano proverbiali: “Si vince senza perdere”. A Quelli della notte con Renzo Arbore avrebbe fatto un figurone.

Quante serate passate ad allenarsi e quante partite la domenica mattina. Il nostro mister, Carlo Moretti, arrivava presto con la sua 500 bianca o la 124 beige. Maglione dolcevita, tuta da ginnastica, sigaretta sempre accesa, un debole per Indro Montanelli. Puntava molto sui fondamentali: primo non prenderle. Così ricezione e battuta erano i nostri punti di forza. Non amava i fenomeni, predicando il “volare basso e sgobbare”. Ha insegnato alla mia generazione la correttezza, in campo e fuori. In quella palestra c’era anche l’aula di applicazioni tecniche, in cui esercitava il professor Pontiroli, un altro di concetti pratici ed essenziali.

Ora sono rimasti un mucchio di pietre e un filo di nostalgia.

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