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Rodotà, la società che cambia e la solidarietà "spesso usata in modo ipocrita"

E lo psicanalista Zoja fotografa il cambio di prospettiva: "In vent'anni si sono dimezzate le ore passate con altre persone"

Gilberto Scuderi
2 minuti di lettura

MANTOVA. Solidarietà e ospitalità sono alle porte. Sta noi respingere o accogliere lo straniero, quello che sentiamo appartenere a un'altra specie animale, non alla nostra. Il giurista Stefano Rodotà e lo psicanalista Luigi Zoja in piazza Castello hanno parlato di "una solidarietà da rifondare" presentando reciprocamente i loro libri: "La morte del prossimo" di Zoja e "Solidarietà un'utopia necessaria" di Rodotà.

Insieme con loro, il giornalista Alessandro Zaccuri ha subito dato una scossa al popolo del Festival prospettando la scelta cui i profughi ci obbligano: la mano tesa o la gamba tesa come a fatto la reporter ungherese sotto lo sguardo di milioni di telespettatori, più o meno indifferenti come forse è accaduto col bambino annegato sulla spiaggia. È l'anonimato della società di massa unito all'eccesso di tecnologia, di cui ha parlato Zoja, che per altri versi porta alla falsità online di avere migliaia di amici quando "il nostro sistema nervoso, immutato da millenni" è fatto per avere contatti veri con una media di non più di "200 persone nel corso dell'intera vita".

Ne consegue che "non abbiamo più delle vere empatie", ha detto lo psicanalista dopo avere accennato al crollo dell'etica tradizionale ebraico cristiana che imponeva di amare Dio e il prossimo come se stessi. Zoja ha proseguito: "In 20 anni si sono dimezzate le ore passate con altri esseri umani e sono raddoppiate quelle con mezzi che illudono di stare con altre persone". La solidarietà è davvero un'utopia? "È spesso usata in modo ipocrita", ha detto Rodotà.

Quasi di regola, infatti, alle dichiarazioni di solidarietà non segue nulla, sebbene esista "una forte solidarietà tra gruppi, escludendo gli altri" ha ribadito il giurista che ha anche rilevato che "ridurre tutto alla pura logica finanziaria non è compatibile con la solidarietà". Eppure, con "intuizione precoce", la solidarietà è tra gli "inderogabili doveri" sanciti dalla nostra Costituzione, ma per essere messa in pratica ci vuole "un reciproco riconoscimento che implica una consapevolezza comune", ha detto ancora Rodotà. Bisogna andare oltre l'individualità.

Bene lo ha sintetizzato Zoja parlando del "disagio della civiltà" presente come tematica sia in Freud che in Jung. Nello stesso tempo fare del bene trova una gratificazione morale e psicologica anche individualmente: "Far bene fa bene al beneficiario, ma anche al beneficiante", ha detto Zoja. Quindi la solidarietà sarebbe un fatto naturale: siamo portati a essere solidali, così come l'uomo primitivo, per poter sopravvivere condivideva l'acqua e il fuoco con gli altri. Cosa ci frena allora? Citando lo psicanalista Erik Erikson, Zoja ha detto che la nostra specie animale è l'unica che può concepire i propri simili come appartenenti ad altre specie: lo straniero veste diversamente, parla una lingua diversa, "l'istinto non ci permette di riconoscerlo". Il grande filosofo Kant ammetteva che non abbiamo un tabù che ci impedisce di aggredirci, di farci male fino all'inverosimile. C'è dunque bisogno di rifondare su nuove basi la solidarietà tra noi esseri umani.

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