Quando Mozart entrò al Bibiena: «Mai visto un teatro più bello»
di Renzo Dall'AraMANTOVA. Teatro Accademico, cioè dell’Accademia Nazionale Virgiliana, più semplicemente Bibiena per i mantovani, oppure al Scientific, Scientifico, mentre in anni precedenti, già lontani, era soltanto al Teatrìn, il Teatrino, definizione ormai esclusiva, invece, per quello di palazzo d’Arco.
Sia come sia, il Bibiena ha bisogno di cure e non palliative nell’arredo interno: per l’intervento, il sindaco Mattia Palazzi conta sul celebre dottor Art Bonus, nome d’arte, quello vero è Art Quattrini, che dovrebbe operare nella sanità pubblica (Comune) e soprattutto privata (mecenati). Sperare è d’obbligo, non costa niente e del resto il teatrino - gioiello si è abituato alle attese, anche lunghe, nella sua tormentata storia: al contrario, l’architetto Antonio Galli Bibiena aveva impiegato soltanto due anni per costruire, dal 1767 al ’69 quello che sbalordiva Leopold Mozart: «Nella mia vita non ho mai visto nulla, nel suo genere, di più bello» ed è pensabile abbia reagito così anche il suo Wolfgang, concertista tredicenne «dal portentoso talento e maestria straordinaria», come pubblicava la Gazzetta di Mantova. Non andava sempre così, purtroppo: nel 1878, il teatro funzionava ancora, accogliendo la Lectura Dantis della Società Dante Alighieri, affidata ad Antonio Maschio, gondoliere veneziano in divisa (maglietta a strisce, cappello di paglia). Ingresso lire 1, dizione dantesca a raffica, che il cronista della Gazzetta calcolava di 75 - 80 parole al minuto, citazioni latine escluse.
Dopo, il peggio, se alla fine degli anni 30 del ’900 non mancava un dabben cittadino che, con lettera a la Voce di Mantova (la Gazzetta non c’era più), chiedevano di abbatterlo, da com’era ridotto, per buona sorte non preso sul serio. Pazientate, ma l’anagrafe consente al cronista vostro di metterci anche del suo, riandando ai giorni terribili del novembre 1951, alluvione di Po e acqua dentro il teatrino che arrivava quasi al primo ordine dei palchi. L’allagamento interrompeva l’utilizzo della platea già iniziato anni prima, come frequentatissima sala da ballo, con i palchi del primo ordine adattati a separè e occasionali limonamenti.
Nel 1956, la Guida - Indicatore della Provincia di Mantova, pubblicata dall’allora Ente per il Turismo, segnalava «il bel teatrino pressocchè inutilizzato, tranne che per riunioni letterarie e conferenze», quindi niente più boogie - woogie o rumbe. Con gli anni 60, avvio dei restauri e nel giugno 1970 “Città di Mantova”, rivista ufficiale del Comune, prevedeva la fine degli interventi per la primavera 1971. Un po’ troppa fretta: riaperto al pubblico la sera del 29 aprile 1972, prolusione nientemeno che di Paolo Grassi, sovrintendente della Scala e concerto dell’orchestra del Mozarteum di Salisburgo. Restauro partito da un progetto dell’ingegner Francesco Panelli e dell’architetto Attalo Poldi; ripreso nel 1968 e rivisto dall’ingegner Guido Isola, con la consulenza dell’architetto veronese Lauro D’Alberto e (determinante) del mantovano ingegner Bruno Dall’Aglio, università di Padova, più la collaborazione, onnipresente, di Aldo Signoretti.
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