Mantova, ragazzi difficili da gestire. Prof in ansia per le gite
Prende quota l’ipotesi di viaggi d’istruzione in giornata per evitare pericoli. I presidi: «Giovani meno maturi con il boom del digitale. E girano più sostanze»
Nicola CorradiniMANTOVA. Non sembrano correre il rischio di veder soppresse le gite d’istruzione gli studenti della scuole superiori mantovane. Almeno per il momento. Ma di certo presidi e soprattutto insegnanti un pensierino lo hanno fatto quando hanno letto sui quotidiani la proposta del presidente nazionale dell’associazione presidi, Giorgio Rembado, che in seguito alla morte di due studenti nel giro di pochi mesi in gita a Milano per Expo ha detto che «è ora di abolire le gite perché sono inutili e rischiose».
Nelle scuole mantovane sull’organizzazione delle gite si sta discutendo in questi giorni, come da prassi, tra consigli di classe e d’istituto per le autorizzazioni. I presidi non hanno ricevuto richieste drastiche sull’argomento, ma già si capisce che il clima non è quello degli anni passati.
«Non prevediamo cambiamenti ma ci siamo molto interrogati – spiega la preside del liceo scientifico Belfiore, Marina Bordonali – Con i nostri ragazzi non abbiamo mai avuto grossi problemi. Una classe del liceo sportivo, per farle un esempio, è appena andata per tre giorni a Caldonazzo per svolgere un corso spedifico. Certo, quanto avvenuto a Milano non ci ha lasciato indifferenti».
In realtà le gite scolastiche hanno da sempre un’aura vagamente maledetta. Croce e delizia per i docenti, che da un lato possono visitare con i ragazzi città e monumenti e dall’altro si assumono la responsabilità non indifferente di riportare a casa una o più classi di adolescenti nelle stesse condizioni in cui erano partiti.
I due eventi tragici legati alle gite a Milano hanno cambiato tutto? Statisticamente è così frequente che a qualche ragazzo in gita succeda qualcosa di brutto? «L’aneddotica sulle gite, fortunatamente meno drammatica di quanto accaduto a Milano, è lunghissima – dice la Bordonali – certo che i rischi ci sono sempre stati, ma qualcosa è cambiato in questi ultimi anni. Girano più sostanze rispetto a un tempo o almeno questa è la sensazione. Il punto, però, è che ci si deve rendere conto di una cosa: la sorveglianza non può essere garantita 24 ore su 24. I professori non possono vigilare nelle stanze anche di notte. Qui conta molto anche l’educazione data dalle famiglie ai ragazzi».
Da sempre la maggior parte ragazzi inizia ad andare in vacanza d’estate con gli amici nel corso degli anni delle superiori. Se vanno a Rimini in compagnia soltanto di coetanei, davvero non sono in grado di andare a una gita di un paio di giorni con la scuola senza mettersi nei guai? Per legge, nel corso di una gita d’istruzione ci deve essere almeno un docente ogni quindici ragazzi. Gli insegnanti, peraltro, non sono obbligati a partecipare. Possono rifiutarsi. Le gite, inoltre, devono avere mete legate al piano di offerta formativa. Insomma, devono essere attinenti a ciò che i ragazzi studiano a scuola. È sempre stato così, anche se nei decenni scorsi c’era forse maggiore elasticità.
Una possibile soluzione che si profila è quella della gita di un solo giorno, visto che i rischi maggiori si corrono di notte, nelle camere d’albergo. «La gestione è complessa – dice Giordano Pachera, preside dell’istituto Greggiati di Ostiglia – Se ne fa una all’anno di più giorni scegliendo mete legate allo studio e che siano economicamente contenute. Certo, ci sono situazioni di pericolo, ci sono sempre state. Per questo i nostri docenti controllano le varie camere, l’eventuale presenza di balconi e altre situazioni potenzialmente rischiose. Se non sono tranquilli, fanno cambiare le stanze».
Anche al San Giovanni Bosco di Viadana, che comprende l’Ipsia Vinci di città, non ci saranno tagli drastici alle gite. «Ma certo se la classe va ad un evento come Expo, la sorveglianza raddoppia – spiega il preside Vanni Savazzi – I viaggi di lunga durata sono effettivamente delicati. Seguiamo i principi di sempre: evitiamo di portare in gita classi particolarmente vivaci. Su questo non scherziamo, perché ne va della sicurezza».
Ma cos’è cambiato rispetto agli anni ’80 o ’90? I rischi non erano gli stessi? «Un tempo c’era maggior tranquillità – dice il preside – non c’erano comportamenti così improvvisi e drammatici come talvolta osserviamo oggi. I due ragazzi morti in gita a Milano sono casi limite, forse, ma non c’è dubbio che sia cambiata la società. A volte mi sembra che i ragazzi siano un po’ meno maturi rispetto a qualche anno fa, forse perché più abituati alla socialità digitale».
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