Manfredi, un mago del trotto cresciuto alle scuderie del Te
Erano in 4 mila, domenica 1 novembre, a “La Maura”, il nuovo ippodromo del trotto di Milano, per il Gran Premio Orsi Mangelli. Gli appassionati, dunque, ci sono sempre, a rivivere anche gli entusiasmi di quel San Siro, già consegnato alla storia, che era la Scala del trotto
Renzo Dall'AraErano in 4 mila, domenica 1 novembre, a “La Maura”, il nuovo ippodromo del trotto di Milano, per il Gran Premio Orsi Mangelli. Gli appassionati, dunque, ci sono sempre, a rivivere anche gli entusiasmi di quel San Siro, già consegnato alla storia, che era la Scala del trotto. Girando sulla pista della memoria, il cronista vostro prova a rompere un silenzio ormai lunghissimo e risarcire del meritato ricordo uno dei protagonisti delle corse, il mantovano Mario Manfredi.
Come il fratello Erminio, era cresciuto a Mantova nell’ambiente ippico per tradizione familiare: papà Enrico, con Carlo Rodolfi, allenava i trottatori alle Scuderie del Te, ma sperava per il ragazzo un altro futuro. Così Mario si diplomava geometra al Pitentino e per la sua stazza nelle gare studentesche si faceva notare nel lancio del peso, oltre che fra le ragazze, che gli trovavano una certa somiglianza con Gary Cooper, celebre divo di Hollywood.
Lui però aveva occhi soltanto per una bella figliola di Suzzara, Anna Marmiroli, conosciuta sulle piste d’atletica leggera dove gareggiava, ostacolista chiamata in azzurro per confronti internazionali.
Si sposavano nel 1951 quando Mario, finita la guerra, aveva deciso di salire sul sulky da professionista: prima impresa, guidare all’Arcoveggio di Bologna e a San Siro una mediocre 4 anni come Polesella, portandola sorprendentemente al successo.
Crescendo continuo e sempre più prestigioso: tra gli avversari battuti Sergio Brighenti e il mitico Tornese; altri grandi come Crevalcore (Vivaldo Baldi) e Nievo (Ugo Bottoni). Rivelava Tegù, uscito dalle scuderie del Te.
Sulla scena internazionale memorabile nell’aprile 1961, sul sediolo di Nautilus G., il trionfo nel Criterium des 4 ans a Vincennes, magica e inaccessibile pista parigina.
Gli albi d’oro lasciano soltanto una fredda elencazione di successi, per definire il percorso di Manfredi: 118 vittorie nel 1954, poi terzo nel ’55 con 137, settimo nel ’56 con 115, terzo nel ’57 con 161 alla pari con William Casoli, quinto nel ’58 con 156.
Nella stagione 1959 il massimo: 243 vittorie, battuto il record di Vivaldo Baldi (242 nel ’53) e voleva dire il Frustino d’oro, scudetto dei driver.
Era sceso in pista 638 volte! Nel 1960 si superava con 250 vittorie. Con la riunione di martedì sera 23 maggio 1961, Mario aveva già superato le 100, ma dovevano essere purtroppo le ultime.
Il 24 maggio 1961, infatti, partiva da Milano per Mantova guidando la sua Giulietta sprint, con accanto il capo-scuderia Aldo “Ruge” Talassi. Sul rettilineo della Goitese tra Guidizzolo e Cerlongo, alle 10, la sbandata e il terribile impatto contro un’autocisterna. Inutili purtroppo per entrambi i soccorsi: Mario aveva 37 anni, “Ruge” 45.
I giornali sportivi, con grande risalto, testimoniavano il gravissimo lutto per il trotto italiano, una “mano che riportava al primissimo posto nel mondo l’arte della guida italiana”, un driver per il quale “tutto era logico nella condotta di corsa e la vittoria scaturiva come la soluzione di un teorema”. Ancora si disputa un Gran premio nel suo nome.
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