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Giovani, divorziati, poveri: "Ecco il nostro Giubileo"

Domani il vescovo Busti aprirà la porta in duomo. Poi dodici mesi di appuntamenti. "Pronti alla chiamata di Francesco, aiutare chi soffre è il punto di partenza"

di Gabriele De Stefani
3 minuti di lettura

MANTOVA. Otto chiese giubilari più una per ogni vicariato, eventi da domani fino al prossimo mese di novembre e, più in generale, «una profonda necessità di recepire il messaggio di Papa Francesco e portare la Chiesa a superare l’idea che la cosa più importante sia il proprio rapporto individuale con Dio: prima di tutto vengono i poveri e le persone fragili». Ecco - nelle parole del vescovo Roberto Busti - programma e spirito dell’Anno Santo che si aprirà domani nella diocesi mantovana. È il vento dirompente di Papa Francesco che si cala nella provincia del ricco nord con l’avvio del Giubileo della misericordia.

Si parte domani alle 16.30 in duomo. Cosa prevede la cerimonia?

«Partiremo dal seminario per una breve processione e insieme a me ci saranno persone rappresentative di categorie che riteniamo oggi particolarmente significative. A partire da tre giovani, perché il mondo di oggi tende a escluderli, a non offrire loro prospettive né ideologie e valori in cui credere, e dunque è nostro dovere avvicinarci. Poi ci sarà una coppia con tre figli, perché avere un bambino non può continuare ad essere una scelta che interessa sempre meno persone. Abbiamo deciso di coinvolgere anche una coppia di divorziati e risposati, perché ne conosciamo la sofferenza. Infine ad accompagnarmi ci saranno immigrati, profughi e residenti delle strutture della Caritas dedicate ai poveri. Tutte queste persone saranno insieme a me per l’apertura della porta del nostro Giubileo, quella centrale del Duomo. Ma, come chiesto dal Papa, vivremo un Anno Santo diffuso: dunque saranno chiese giubilari anche Sant’Andrea, San Barnaba, San Simone, San Leonardo, i santuari delle Grazie e della Comuna (a Ostiglia domenica alle 14.30 ritrovo al santuario per l’apetura della porta santa e poi pellegrinaggio fino alla chiesa parrocchiale dove alle 16 ci sarà la concelebrazione solenne con tutti i sacerdoti del vicariato, ndr), San Luigi Gonzaga a Castiglione delle Stiviere e una chiesa per ogni vicariato».

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Il Papa nella chiamata all’Anno Santo chiede di «non giudicare, perdonare e donare». Quali momenti specifici ci saranno su questi temi?

«Quanto al non giudicare e al perdonare, organizzeremo una giornata di preghiera e dibattito in San Barnaba, vicino al carcere. E sempre in carcere mi piacerebbe anche aprire una porta giubilare: stiamo valutando se sia possibile. Inoltre la chiesa di San Simone, a ridosso della Caritas, sarà quella degli appuntamenti più strettamente legati al dono e alla vicinanza ai poveri».

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Il Giubileo della misericordia arriva in un momento storico in cui, complice la crisi economica, tornano ad essere forti i richiami alla xenofobia e in cui, in ogni caso, le risorse sono più limitate. Bussano alla porta gli stranieri ma anche i concittadini e i compaesani. Come far passare un messaggio di uguaglianza?

«Papa Francesco ci dice sostanzialmente una cosa e cioè che i poveri per il cristiano non possono essere soltanto un’opzione. Non basta dire “facciamo qualcosa per loro”: i poveri e le persone fragili sono il punto dal quale partire per osservare la società. Il Papa, anche per la sua storia personale e la sua provenienza, insiste molto sulle grandi povertà del mondo. Noi dobbiamo preoccuparci soprattutto di declinare il suo messaggio nella nostra realtà. E dunque darci da fare perché - oltre ad aiutare lo straniero, che resta un nostro sicuro dovere - non si possa dire che ci dimentichiamo della nostra gente: dobbiamo saperne leggere i bisogni e saper offrire risposte. In questo senso il Giubileo è un’occasione straordinaria di riflettere sulla nostra fede. Perché, vede, negli ultimi anni forse l’individualismo è filtrato anche entro i confini della Chiesa e si cerca di privilegiare un rapporto personale con Dio in cui contano il dialogo personale con lui e la propria assoluzione. Cose importantissime, ma il cristianesimo è, appunto, prima di tutto misericordia».

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Quella di Francesco è una sferzata di grande impatto e non a caso le resistenze dentro la Chiesa sono forti. Come le valuta? Normali difficoltà a cambiare o c’è qualcosa di più?

«Il Papa vuole che cambino pelle a tutti: vescovi, preti, fedeli. La sua è una prospettiva esigente perché ci chiede di aprire le porte di casa nostra in un momento in cui ci sembra non ci sia spazio nemmeno per noi, per un lavoro dignitoso, per una vita serena e dignitosa. Dunque le resistenze sono normali, entro una certa misura. Quello che a me fa più arrabbiare sono le debolezze che, dentro la Chiesa, si registrano sul fronte del denaro, che è il vero demonio. Mi danno fastidio perché fanno passare l’immagine che il Papa non goda di un consenso interno sufficiente, quando non è affatto così. Esistono fisiologiche resistenze, ripeto, ma il cammino è tracciato e la chiamata di Francesco viene recepita come uno stimolo».

Personalmente come la sta vivendo?

«La mia, dentro la Chiesa, è stata una missione vissuta perlopiù nelle parrocchie, tra la gente. Questo rende più facile per me apprezzare e vivere appieno l’indirizzo del Papa. Del resto il cammino avviato con il nostro Sinodo diocesano va in questa direzione».

In che senso?

«Con il Sinodo abbiamo chiamato tutta la diocesi - da me ai sacerdoti ai fedeli - a interrogarsi su un tema: dove trovare Cristo nella nostra comunità? È un lavoro lungo e impegnativo che ora entra nella sua fase finale. Il 17 gennaio, nell’ultima assemblea sinodale, porteremo a sintesi le 19 proposizioni che dovranno tracciare la rotta della nostra diocesi nei prossimi anni. Saranno indicazioni su quelle che, dopo mesi di dibattito, ci paiono essere le necessità della nostra comunità. Ad aprile arriveremo al libro sinodale».

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