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Quel fiasco per Verdi al Sociale con l’opera applaudita alla Scala

Giovanna d’Arco di Giuseppe Verdi trionfante nella serata inaugurale della Scala. L’opera verdiana non si rappresentava nel tempio scaligero dalla prima del 15 febbraio 1845 e i mantovani potevano scoprirla al Sociale due anni dopo, nella stagione invernale, il 26 dicembre 1847, riservando all’opera una ben diversa accoglienza

di Renzo Dall'Ara
2 minuti di lettura

Giovanna d’Arco di Giuseppe Verdi trionfante nella serata inaugurale della Scala, che il cronista a vostro si è goduto in poltrona (di casa, non di platea, purtroppo) insieme con altri 362 mila italiani, facendo toccare alla ripresa diretta di Rai5 la punta dello share allo 2,5. L’opera verdiana non si rappresentava nel tempio scaligero dalla prima del 15 febbraio 1845 e i mantovani potevano scoprirla al Sociale due anni dopo, nella stagione invernale, il 26 dicembre 1847, riservando all’opera una ben diversa accoglienza. La cronistoria del teatro, dovuta alla diligenza del custode Ernesto Lui, ci porta l’annotazione: “Verdi dominava decisamente, per quanto il suo genio non avesse ancora donato il capolavoro. Dominava, ma le sue opere sapevamo ancora l’amarezza dell’insuccesso”.

Infatti “cadde Giovanna d’Arco. Nella sera sfortunata anche il ballo Procida”.

Fischi particolari al tenore Lorenzo Giannoni e al basso Napoleone Torre “che furono disapprovati”, ma il clamoroso fiasco coinvolgeva tutti, dai maestri al cembalo Antonio Facci ed Emanuele Mussio, al maestro del coro Davide Bergami, al primo violino e direttore d’orchestra Giovanni Luppi. Né si salvava Alessandro Borsi, coreografo del balletto e impresario della stagione, con “dote di Lire 36.100 oltre la legna per le stufe”, non si poteva certo stare al gelo.

Nello stesso cartellone, altre tre opere verdiane, “I due Foscari”, “Ernani” e “Macbeth”, trattate invece bene da un pubblico evidentemente molto difficile, fin dalla prima accoglienza riservata al trentenne Giuseppe Verdi, debuttante al Sociale con “Nabucco” nel Carnevale 1844. “ll grandissimo compositore - sempre il diario di Lui - che conobbe le più profonde amarezze e le gioie dell’arte, ebbe con il Nabucco a Mantova uno dei suoi primi e notevoli insuccessi. L’opera cadde al terzo atto fra la generale ostilità”. Non ci è dato sapere se prima o dopo il celebre “Va pensiero” che è appunto al terzo atto. Ce n’era per tutti: cadeva anche “L’assedio di Corinto” di Gioacchino Rossini, né si salvavano due dei quattro balletti. Corrente alternata, ancora, per Verdi, che nel 1844 - 45 “ebbe la sua rivincita”, ma l’anno dopo “I lombardi alla prima crociata” cadeva alla seconda serata, contestato il tenore Emilio Nandin, non bastava il coro “O signore dal tetto natìo” poi diventato celebre.

Testimone incolpevole, come maestro sostituto al cembalo, il mantovano Lucio Campiani (vedi Conservatorio di via della Conciliazione). Consolazione, il nuovo sipario con il trionfo di Sordello, dipinto dai pittori milanesi Galli e Borgo Caratti.

A parte qualche altro incidente di percorso, provocato in genere da penose esecuzioni, il genio di Verdi si imponeva sempre e noi gli dobbiamo eterna riconoscenza per il regalo del “Rigoletto”, che i mantovani potevano applaudire al Sociale nel 1853.

Esito clamoroso, mattatore il tenore mantovano Bernardo Massimiliani. Grazie tanto più adesso, da cittadini della Mantova capitale italiana della cultura, che ha anche questa risorsa da non dimenticare e spendere.

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