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I voti non sono un'etichetta che vi identificherà per sempre

Tanti ragazzi mantovani ogni settimana "emigrano" per poter studiare all'università. Tre di loro, in tre città diverse, ci raccontano la vita da fuorisede in questa rubrica-blog. Elisa studia Lettere a Trento

Elisa Boccanera
2 minuti di lettura

TRENTO. Oggi interrompo lo studio disperato con sottotitolo “Elisa ha cucinato di fila per tre giorni, ora recupera il tempo perso”, per parlarvi di una cosa che mi sta molto a cuore: voti di esami, voti di laurea, voti di concorsi e qualsivoglia numero o aggettivo col quale ci etichetteranno sulla fronte, durante gli anni della nostra carriera. Premetto che non penso di avere la verità in tasca, nemmeno un'esperienza tale da rendere il mio piccolo pensiero valido per altre teste.

Bene, ora che ho esaurito le mie premesse, posso iniziare. Prendete l’etichetta che qualcuno vi ha incollato in fronte, toglietevela e buttatela nel cestino. Non è direttamente proporzionale il fatto che se finite l’università con voto 95 siete meno tagliati di una persona che esce con 110 e lode (più stretta di mano del rettore, encomio e dvd della proclamazione). Se, invece, prendete 26 al posto di 30 e lode nell’esame del vostro corso preferito, nessuno vi riterrà più stupidi del vostro vicino di banco idealmente più realizzato di voi o se una volta siete stati delle persone superficiali, non lo sarete vita natural durante.

Dato che parlavamo di etichette, in ambito universitario, ne esistono eccome. Per quanto riguarda la relazione “voto basso” implica “cervello scarno”, posso dire due cose, due punti di vista.

Quelli del “Prendo e porto a casa”: per chi teme di arrivare alla tesi con i capelli bianchi, per chi ha già dato quel santissimo esame 4/5 volte e per chi pensa “il risultato non dipende totalmente da me”. A questo proposito, un episodio mi torna alla mente.

21 luglio 2015.

“Signorina, io sono stufo di ascoltare la gente che parla, esca, io mi fermo qui. Non ho tempo per esaminarla sull’Alessandro, sono vecchio e ho già un piede nella fossa. 18”

E vi giuro, io, per quell’esame, avevo studiato un mese e mezzo. Così tanto per sentirmi dire questo, sebbene io fossi preparata. Perché non ho rifiutato, direte. Perché nella vita c’è sempre quella soglia incontrollabile di imprevisto, di probabilità, cose che non dipendono da noi, ma dalle autorità superiori alle quali siamo soggetti. Quel professore, da lì ad un mese, avrebbe smesso la sua carriera a Trento per continuare a Venezia, quindi non ci sarebbero stati più suoi appelli disponibili. Ma ve la racconterò tutta: solo a ottobre, glia addetti al settore, hanno ri-cambiato idea e hanno indetto altri due appelli per la sessione invernale. Sfortuna? Imprevedibilità, non dipende da me.

Ci sono poi quelli del “Rifiuto e vado avanti”: A) Se avete fiducia nel destino e pensate che al prossimo appello le domande saranno più facili o B) se siete consapevoli di aver dato solo una minima parte di quello che avreste potuto dare allo studio. Più probabile la seconda scelta, spesso succede. Succede di dover fare altro, di prendere la gastroenterite, o di dover aiutare qualcuno in difficoltà.

Ad ogni modo, nella mia piccola e insignificante visione di un percorso universitario, la cosa più importante è l’umiltà. Ovviamente, non parlo di abbassare la propria linea di aspettative, ma intendo la capacità di riconoscere i limiti di qualcosa, di non giudicare gli altri, di lavorare sui nostri difetti, di essere grato per i risultati raggiunti con sacrificio, senza fare paragoni. Una persona non è un 98/110, né un 22/30.

Una persona è fatta di cultura: esperienze, viaggi, cose apprese, sapori nuovi; persone da conoscere riempiranno ogni giorno la vostra vita, in meglio. Un voto in più, un voto in meno, una stretta di mano o un encomio non vi colmeranno mai così tanto.

Almeno, non per me.

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Elisa Boccanera, ventiduenne divisa tra Mantova, città natale, e Trento, città nella quale frequenta l'università. E' iscritta al corso di “Studi storici e filologico-letterari” con carriera di Lettere moderne. Ama l’arte in ogni suo genere: letteratura, cucina, pittura e natura.

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