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Piazzale Mondadori ridotto a covo di ladri

Degrado nel cantiere tra bivacchi, sporcizia e bottini di piccoli furti. Falle nella recinzione

di Nicola Artoni
2 minuti di lettura

MANTOVA. Piazzale Mondadori, una ferita aperta nel pieno centro di Mantova. Un cantiere, partito nel 2004, mai terminato tra fallimenti, intoppi burocratici e ritrovamenti di reperti archeologici. Un vero e proprio scempio edilizio che con il passare del tempo si è trasformato in rifugio per sbandati e senzatetto, che hanno creato dei veri e proprio bivacchi all'interno dell'area del cantiere.

Area che viene anche usata come deposito per la refurtiva proveniente dai vari furti commessi nella zona. «Li abbiamo visti più di una volta – spiegano dal vicino Mamu Cafè – arrivano davanti alle recinzioni e lanciano all'interno quello che hanno rubato. Poi con calma tornano a spartirsi il bottino. Si tratta in prevalenza di stranieri, le forze dell'ordine sanno di chi si tratta».

Il cantiere si è trasformato in un magazzino a cielo aperto. Dal primo piano del centro congressi è possibile vedere bene l'intera area, nella quale è stato trovato di tutto. Biciclette, vestiti di marca, monitor rubati agli autobus Apam, ma anche mazze da baseball, piedi di porco e cric, usati per altri furti. È stata trovata anche la copertura in ghisa di un tombino, che dicono sia stata usata per la spaccata nel bar di via Bonomi. Fino a poco tempo fa c'era anche un divano ben in vista.

Sì, perchè qualche piccolo intervento l'amministrazione comunale l'ha fatto, cercando di vietare l'accesso, tramite pannelli di legno, a diverse aree del cantiere e di rimuovere parte degli oggetti rubati presenti, anche se interventi radicali ancora non se ne sono visti. Per il 2016 in ogni caso sono stati stanziati 250mila euro per la messa in sicurezza dell'area, nella quale la notte del 24 ottobre 2014 Abdellah El Alami aveva rischiato di morire, precipitando nella bocca di una presa d'aria profonda sette metri per sfuggire ai Carabinieri che lo stavano inseguendo.

Entrare nel cantiere è abbastanza facile, nonostante le recinzioni. A fianco dell'ingresso del parcheggio sotterraneo infatti, di fronte al benzinaio di viale Piave, è presente un cancello che, se leggermente sollevato, consente perfettamente il passaggio di una persona. Poco più avanti inoltre c'è un buco tra due colonne di marmo, più stretto ma sufficiente per avere accesso alla zona. I segnali del passaggio e della permanenza notturna di persone sono ben visibili anche dall'esterno. Rifiuti di ogni genere, cartacce, bottiglie vuote di birra, vino e bibite.

Poco più in là vestiti, con ancora le grucce, sparsi a terra e anche un'automobile radiocomandata. Spostandosi su uno degli altri ingressi, quello di via del Lavoro, è possibile trovare dei piccoli accampamenti. Anche in questo caso i cancelli sono facilmente aggirabili: sono stati fissati di recente al muro, ma essendo reticolati è possibile scavalcarli in poco tempo. Anche qui tanti vestiti sparsi, un giaccone, un cappello. Adiacente al muro qualcuno ha posizionato un pallet con alcune coperte sopra, un rudimentale letto, con almeno 4-5 paia di scarpe a fianco, sia da uomo che da donna.

In un angolo alcune brocche di vetro, rubate al bar del centro congressi, e confezioni di cosmetici. Anche l'ex biglietteria per gli autobus è usata come rifugio per vagabondi e senzatetto. Al suo interno si vedono un materasso piazzato a terra, numerosi cartoni di vino e alcune paia di scarpe, anche da bambino. Dietro al cancello che dà sui portici del Mamu sono state trovate tracce del passaggio di tossicodipendenti: siringhe nascoste tra le erbacce, cucchiaini di metallo usati per scaldare l'eroina e artigianali bong (pipe ad acqua).

 

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