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La lettera: «Mi restano solo telefono e pc»

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MANTOVA. Signor direttore,

le scrivo perché sono in una situazione disperata, ma non voglio cedere, non voglio arrivare a compiere gesti come quelli di cui quotidianamente sentiamo. È vero che, da un momento all’altro, la nostra vita può cambiare. A volte in meglio, altre in peggio. Ma quando si tratta di quest’ultimo, non possiamo certo sapere fin dove sarà il fondo. Mi chiamo M.Z., sono nato il 29 aprile 1981, sono laureato in Giurisprudenza e da più di due anni (finita la pratica forense) non riesco a trovare uno straccio di lavoro, nonostante le migliaia di domande inviate, i curricula depositati... Solo qualche colloquio risoltosi in un nulla di fatto. Vivo con i miei genitori, anch’essi in uno stato di indigenza molto pesante.

Mi restano solo il portatile da cui scrivo e il telefono. E mi sento anche fortunato ad avere un tetto, per quanto in un alloggio poverissimo, pensando a chi, magari, deve dormire in auto. Vivo alla giornata. So bene che nessuno può fare miracoli, ma le scrivo anche perché non riesco più a tenere tutto dentro e purtroppo, nella situazione attuale, è diventato impossibile trovare qualcuno a cui rivolgersi. Tutto quello che chiedo è un lavoro, un lavoro qualsiasi. A Mantova, in provincia, o in qualsiasi altra parte. Anche se so che, oggi, si tratterebbe di un miracolo. Perché la devastazione sociale che stiamo vivendo è sempre più allucinante.

Ma penso che se mi fosse offerta un’opportunità, sarei pronto a ricompensarla anche con il sangue. Non lo so, non so davvero che cosa sarà di me.

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