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Tangenti padane e dentiere

Paolo Boldrini
1 minuto di lettura

Ci risiamo con Tangentopoli e per l’ennesima volta dobbiamo ricordare Mario Chiesa e il Pio Albergo Trivulzio, apripista di un filone che non si esaurisce mai, attraversa prima e seconda repubblica e gli opposti schieramenti politici. Il protagonista dell’ultimo capitolo è il leghista Fabio Rizzi, consigliere regionale incaricato dal governatore Maroni di redigere la riforma sanitaria, in carcere con pesanti accuse. Ancora corsi e ricorsi della storia italiana del malaffare: prima di lui era finito dentro il vicepresidente della Regione, Mario Mantovani, di Forza Italia.

Dalle case di riposo alle cure odontoiatriche, tutto fa brodo quando si tratta di pilotare appalti e favorire gli amici. Sanità in Lombardia fa spesso rima con bustarelle che non disdegnano le dentiere, ultima frontiera della corruzione padana (da qui il nome dell’operazione Smile, ovvero sorriso, supponiamo della nonna). Altro riferimento al passato: in casa di Rizzi sono stati trovati 15mila euro in contanti nella cassaforte, 5mila franchi svizzeri in una busta e 1.900 euro nel congelatore.

Peggio di lui aveva fatto Duilio Poggiolini che nascondeva il tesoro in lingotti d’oro e contanti in divani, materassi e nel pouf. Fu ribattezzato il Re Mida della sanità per aver pilotato l’ingresso di certi farmaci nel prontuario, con la complicità della moglie Pierr Di Maria. Come vedete, Rizzi non ha inventato nulla. Il consigliere regionale al centro dello scandalo un anno fa partecipò a un dibattito organizzato dalla Lega Nord in un capannone a Ponti sul Mincio insieme a Luca Coletto, assessore alla sanità della Regione Veneto.

Sicuro di sé, spavaldo, dichiarò senza esitazione: “L’obiettivo della riforma è quello di partire dai bisogni della popolazione e non più dai budget a disposizione, per migliorare l’assistenza di base, liberando così risorse per l’assistenza specialistica”. Il governatore si è affrettato a scaricare il delfino infedele, ammettendo “che a suo carico ci sono prove schiaccianti”. Dopo gli scandali che investirono la Lega di Bossi (ricordate il cerchio magico, le mutande verdi messe in conto alla Regione e i diamanti in Tanzania del tesoriere Belsito?) Maroni nel 2012 impugnò la scopa al grido: “Pulizia, pulizia”. Ora serve l’aspirapolvere.

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