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Slot, un giro d’affari da oltre 84 miliardi

Incontro con il professor Dotti che parla di possibili infiltrazioni della criminalità

2 minuti di lettura

GONZAGA. «Il business del gioco d'azzardo è nelle mani di ditte private che hanno sedi legali all'estero e soldi nei paradisi fiscali. Si calcola che per il 2015, il giro d'affari si aggiri sugli 84,45 miliardi di euro di cui solo 8 miliardi di euro finiscono nelle casse dello Stato. Lo stesso Stato che poi deve spendere 3 miliardi di euro per le ricadute sociali derivanti da soggetti affetti da ludopatie». E per il 2016 il trend è in crescita: si suppone possa arrivare a 87 miliardi.

[[(gele.Finegil.StandardArticle2014v1) Uno Stato che gioca d'azzardo]]

È la contraddizione che ha fatto emergere Marco Dotti, docente in comunicazione professionale e multimediale all'Università di Pavia e giornalista del mensile “Vita”, esperto di etica e nuove professioni, intervistato dal direttore della Gazzetta di Mantova Paolo Boldrini, nel corso dell'incontro pubblico, che si è svolto, venerdì sera, nella sala polivalente della scuola “Don Milani”, dal titolo “Azzardo di Stato” promosso dal gruppo di lavoro “Quando il gioco non è più un gioco”. Un progetto realizzato dal Comune di Gonzaga con la collaborazione di associazioni del territorio, istituti Strozzi di Palidano e Manzoni di Suzzara, Ic. di Gonzaga, Asl di Mantova, Arci e Acli provinciali di Mantova e Provincia di Mantova.

Dotti, oltre a spiegare il fenomeno delle slot, da come sono state introdotte attraverso un sistema perverso, sospeso tra legalità e corruzione grazie alla connivenza tra politica e lobby, ha anche dato suggerimenti su come combattere il gioco d'azzardo. «Ciò che dà più fastidio ai signori delle slot – ha detto Dotti – è l'imposizione di fasce orarie e la collocazione di locali slot, fuori da luoghi sensibili. Ma ci deve essere un impegno non solo degli enti locali ma dell'intera comunità. Questi limiti di distanza e orari fanno spendere un sacco di soldi in avvocati alle lobby delle slot». Dotti ha anche parlato delle possibili infiltrazioni della criminalità organizzata che potrebbero sfruttare le sale Vlt per riciclare denaro sporco, dato che sono le uniche dove i giocatori possono inserire banconote anche da 500 euro.

Nel corso del dibattito è emerso anche il caso delle cosiddette “Ticket Redenption”, macchinette di vario genere, alcune delle quali assomigliano molto ai classici flipper altre più a una roulette. In Italia ce ne sono 120mila. Hanno nomi ammiccanti, luci, suoni e attirano frotte di ragazzini. Il gioco è quasi banale: si paga un euro, si schiaccia un bottone, si spara a un bersaglio, si mira ad un esca e si cerca di conquistare un ticket. Più si è fortunati e più si accumulano decine di biglietti. Più biglietti si accumulano e più è prezioso il premio che si può ritirare. Il confine tra gioco con denaro è labile: la differenza principale tra le slot e questi apparecchi sta semplicemente nel fatto che le prime sono vietate ai minori di 18 anni, le seconde sono invece accessibili ai più giovani. Per Marco Dotti, tutto si basa su una menzogna tra abilità e fortuna: chi gioca non è abile né fortunato: la vincita è stabilita da un software inserito nella slot.

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