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«Non si riscrive la storia della Resistenza»: il sindaco perentorio nella sua prima commemorazione della Liberazione

Palazzi rilancia i valori del 25 Aprile: qui sono nati libertà, democrazia e solidarietà. E i giovani cantano Bella ciao

di Sandro Mortari
2 minuti di lettura

MANTOVA. «Non ci sono margini per riscrivere la storia della Resistenza». Il sindaco Mattia Palazzi è perentorio nella sua prima celebrazione dell’anniversario della Liberazione, a cui si è presentato con l’intera compagine di giunta. Davanti al monumento alla Resistenza, nei giardini di viale Piave, mette in chiaro subito che «il grande valore del 25 Aprile diviene sempre più un punto di riferimento imprescindibile» perché la Resistenza «è stata la risposta a chi ha condotto l’Italia, l’Europa e la dignità dell’uomo nel baratro». Non ci sono appigli per rifare la storia di quel movimento di uomini e di donne che ha liberato l’Italia dal giogo nazifascista, e l’ha rifondata sui valori di «libertà, democrazia, solidarietà e pace».

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«Giovani partigiani come Giuseppina Rippa, don Leoni e i circa mille cittadini mantovani caduti in battaglia o in atti di rappresaglia - ricorda il sindaco -, in prigionìa nei lager nazisti, le decine di ebrei mantovani deportati in Germania di cui solo uno è ritornato, gli arrestati e i deportati come don Berselli, Felice Barbano, Carlo Camerlenghi, Franco Finetti, i militari che hanno combattuto dopo l’8 settembre, riscoprendo lo Stato ed impedendo che l’Italia venisse travolta dal crollo del fascismo»: questa è la storia di tutti gli italiani, «solida e dalle radici profonde e che non è - ammonisce Palazzi - una storia passata come troppi credono».

Ad ascoltare il sindaco, le autorità, in piedi sui gradini del giardino, le associazioni combattentistiche con i labari e gli scout laici su un lato e il picchetto d’onore del 4° reggimento Peschiera sull’altro; e poi gli attivisti di eQual, con gli striscioni inneggianti ai partigiani e le bandiere rosse, che, a fine cerimonia, hanno intonato “Bella ciao” tra l’emozione dei presenti. E c’era, seduto in disparte, il vecchio partigiano e poi senatore, Renato Sandri, una gradita sorpresa che ha suscitato altra emozione. Non si è fatto vedere il consigliere comunale Luca de Marchi che, alla vigilia, aveva preannunciato un presidio di protesta contro un 25 Aprile a suo dire di parte; mentre nella notte a Mantova, a Suzzara e a Pegognaga sono apparsi striscioni contro i partigiani dell’associazione di estrema destra Veneto fronte skinheads. Molto toccante la testimonianza, rilasciata per iscritto e letta dall’attrice Francesca Campogalliani, dell’ex partigiana Maria Zuccati, costretta a disertare per la prima volta dopo anni la festa del 25 Aprile per un infortunio domestico. La Zuccati ha ricordato le elezioni amministrative del 1946 «quando per la prima volta le donne votarono» conquistando un loro «sacrosanto diritto». «Furono le donne della Resistenza - ha aggiunto l’ex partigiana - a farsi interpreti nel Cnl, del diritto delle donne di essere ammesse al voto e di essere votate».

Era l’apoteosi della battaglia femminista portata avanti da donne mantovane come Ada Sacchi, perseguitata dal fascismo, e da tante altre cadute per la libertà. Dopo la messa al campo celebrata dal cappellano militare don Peretti, il prefetto Carla Cincarilli, la vice presidente della Provincia Francesca Zaltieri, il consigliere regionale Anna Lisa Baroni e Palazzi hanno deposto corone al monumento. Poi la tappa al Famedio, il sacrario dei caduti di tutte le guerre.

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