ASOLA. Non era una moglie che pensava di avere accanto, ma una bestia da soma, su cui sfogare il peggio di sè, di un uomo vigliacco e violento. Secondo le accuse che pesano su di lui, il trattamento attribuito alla ex consorte non erano solo vessazioni e umiliazioni di ogni genere, parole di disprezzo e minacce di morte. Erano anche botte. E dure, in un’occasione le aveva provocato, a forza di pugni sulla schiena, la frattura di tre vertebre.

Oggi 10 giugno il marito violento – E.V., un 46enne di Asola di cui al momento non faremo il nome a tutela della vittima, che non abita più con lui – è finito davanti al tribunale di Mantova per rispondere di maltrattamenti in famiglia, lesioni e minacce (tra le accuse c’era anche l’ingiuria, ma il reato è stato di recente depenalizzato). Davanti al giudice hanno deposto i carabinieri intervenuti in uno dei casi di aggressione. Ma senza che dalla loro testimonianza sortissero fatti particolari. «Siamo stati chiamati da una donna – ha spiegato uno dei militari – non so se fosse la moglie o una vicina di casa. Quando siamo arrivati stavano solo discutendo». L’udienza è stata rinviata al 16 settembre.

Da quanto raccontato ai carabinieri dalla donna – che cinque anni fa s’è trasferita a Roma dove ha avuto dal nuovo compagno quattro figli – l’uomo la picchiava abitualmente. Le dava calci e pugni in tutto il corpo. E in alcuni casi le lesioni erano state refertate in ospedale. A partire dal 5 dicembre 2009, quando era stata dimessa dal pronto soccorso con un dolore al collo e un ematoma a un polpaccio, giudicato guaribile in tre settimane. Altra visita al pronto soccorso il 28 dicembre dell’anno dopo per un trauma cranico. Il 13 febbraio del 2010 le lesioni più gravi: un medico l’aveva ritenuta guaribile in trenta giorni dopo averle riscontrato la frattura di due vertebre dorsali e una lombare.