MANTOVA. C’era una volta la città deserta d’agosto, quando la canicola arroventava l’asfalto e sotto i portici si poteva sentire l’eco dei propri passi. Quando non ci sarebbe stupiti di vedere scivolare sui ciottoli un tumbleweed, l’arbusto rotolante dei film western, e trovare un panificio aperto era come cercare un ago in un pagliaio (o quasi). Oggi la canicola arroventa ancora l’asfalto - interrotta solo da qualche acquazzone, che adesso si chiama bomba d’acqua - ma è cambiato tutto.
La società, il lavoro, il mondo, Mantova. Sono anni che gira ormai così, con la città aperta per ferie e le vacanze spalmate su tutti i mesi estivi, agosto però conserva sempre il suo alone di stagione profonda, il suo carattere di picco assolato prima che di riprecipitare nella malinconia autunnale di settembre. Quest’anno, poi, c’è anche il titolo di capitale italiana della cultura ad accelerare il movimento turistico e diluire ulteriormente lo smarrimento agostano. Basta un giro in centro per trovare conferma, per accorgersi che, sì, qualche cartello di “chiuso per ferie” s’incontra ancora, qua e là, ma la città pulsa.
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Col suo battito solito, da provincia serena, ma pulsa. La conferma arriva anche da
Gianni Rebecchi, doppiamente titolato a leggere la realtà in qualità di presidente di Confesercenti Mantova e al vertice nazionale di Assoviaggi: «L’impressione è che sia proprio cambiato l’approccio alle vacanze – commenta – Agosto non è più l’unico mese per andar via, il mese del tutto “chiuso per ferie” in città. Vero, la tendenza va avanti già da un po’, ma nel 2016 diventa conclamata. Adesso le vacanze si spalmano da giugno a settembre, e la redistribuzione coinvolge tutti, commercianti compresi».
Anche perché, allargando il fuoco dell’analisi a tutto lo Stivale, è tramontato il periodo delle grandi fabbriche del Nord che spegnevano le catene di montaggio ad agosto. Il guaio è che sono proprio tramontate le grandi fabbriche, ma questo è un altro discorso. E poi c’è una seconda dinamica, che intercetta e traduce in abitudine la grande paura globale di questo tempo incerto: l’ansia di sicurezza ha spinto la “destinazione Italia” su nella graduatorie delle mete 2016 (+20%). Si va al mare, certo, ma anche nelle città d’arte. Mantova compresa. E anche questo ha orientato le scelte dei commercianti.
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È cambiata l’identità industriale dell’Italia, si è strappato il senso della sicurezza, impigliata nei tanti spigoli di questo mondo imperfetto, e pure il commercio ha mutato faccia. Un tempo, neanche così remoto, non esistevano i centri commerciali aperti tutto l’anno, né, figurarsi, il supermercato in centro dove fare la spesa 24 ore su 24. Oggi non si rischia più di rimanere senza latte o pane o qualsiasi altro genere alimentare, nemmeno ad agosto inoltrato. Tre le evidenze nelle quali capita d’inciampare durante una passeggiata empirica per i ciottoli del centro.
Primo, più dei cartelli di “chiuso per ferie” è diffusa la pratica dell’orario estivo, magari si apre un po’ più tardi e si allunga la pausa pranzo. Secondo, i cartelli di “chiuso per ferie”, che pure si vedono ancora, sono pochi, diluiti tra tutte le vetrine e mettono in pausa attività commerciali senza le quali si può comunque resistere. Negozi d’abbigliamento, tabaccherie (ma con l’indicazione dei rivenditori aperti, modello farmacia), pochissimi bar.
La terza evidenza? In centro s’incontrano comitive di turisti stranieri in pantaloncini e sandali, disordinatamente incolonnati dietro una guida. Non che la presenza di turisti si traduca per forza in affari per i commercianti del centro, ma fa sempre numero e scena. «Agosto chiuso per ferie non esiste più da tempo – ripete Stefano Gola, presidente della sezione cittadina di Confcommercio – Tra i commercianti c’è chi sceglie di fare le vacanze, e quindi chiudere, in altri periodi, oppure opta per la turnazione in negozio e così riesce a stare sempre aperto. Visto che in giro di turisti ce ne sono, tanto vale giocarsela». Per riposare c’è tempo anche a settembre. Dopo Festivaletteratura, of course.
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