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Per il Sociale è il grande giorno: oggi la decisione sul futuro

Alle 18 di venerdì 25 novembre c’è l’assemblea dei palchettisti proprietari del teatro: fra loro Comune, Provincia e Ats. È un condominio o una società semplice? Le attività passano dallo scioglimento di questo nodo

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MANTOVA. Il Teatro Sociale vivrà oggi una giornata importante per il suo futuro di vero teatro della città, ben più attivo anche di quanto negli ultimi due anni ha cercato di essere. Alle 18 infatti è convocata l’assemblea dei palchettisti che sono i proprietari del teatro. Tra questi c’è anche il Comune, con 2 palchi, che conta come tante antiche famiglie mantovane. Anche la Provincia l'Asl e il Conservatorio sono proprietari di palchi.

L’assemblea dovrà decidere cosa sia realmente il Sociale.

In giugno si rinviò l'elezione del nuovo direttivo proprio per questo nodo.

Che cos’è dunque il Teatro Sociale? Un condominio o una società semplice?

Su questo c’è una forte divisione interna che oggi verrà allo scoperto. E va trovato un accordo per poi arrivare al progetto della Fondazione.

Infatti un condominio deve avere un amministratore e non può svolgere attività di spettacolo, ma solo gestire l’immobile, e le affittanze, dal teatro stesso al bar e ai negozi, come peraltro avviene oggi, con però in carica un consiglio direttivo presieduto da Guido Benedini e non un amministratore con patente. Un condominio non potrebbe nemmeno avere una biglietteria e cercare sponsor.

C’è chi invece ritiene che il Teatro Sociale abbia la forma giuridica della società semplice. In questo caso, cambiando lo statuto, si potrebbero risolvere alcuni nodi poco chiari. Quella della società semplice è la tesi che sosterrá l'attuale direttivo, dopo l' approfondimento affidato a un comitato di commercialisti, notai e avvocati, formato da Pierpaolo Barosi, Dario Tiberti, Ugo Bassani e Claudio Arria.

Ma avrebbe un grande limite: non ne potrebbero fare parte gli enti pubblici. Infatti la legge Madia sulla pubblica amministrazione impedisce ai Comuni di far parte di società di persone, per il rischio finanziario dei soci. «Diverso il caso - spiega Giovanni Pasetti, delegato del sindaco Palazzi - del Teatro Grande di Brescia, di cui il Comune possiede 30 palchi e che è una societá semplice che però ha affidato la gestione a una Fondazione».

A questo punto il Comune dovrebbe vendere i suoi palchi, proprio quando si parla con insistenza di un suo maggiore coinvolgimento nel Sociale.

Comunque nessuno lo potrebbe obbligare.

E se anche il Sociale fosse già una società semplice, come pensa il direttivo?

Così non pare, ad esempio, a un palchettisa molto attivo e già vicepresidente, Alberto Capilupi.

«Come condomini abbiamo finalmente ottenuto due incontri informativi e abbiamo raccolto materiale. Ebbene, è emerso che un tempo effettivamente c’era la Società del teatro Sociale, fondata nel 1822, che però nel 1952 è diventato un condominio e alcuni anni fa è stato cancellato dal registro delle ditte. A mio avviso oggi è sicuramente solo un condominio».

Di certo se fosse messo ai voti che il Sociale è una società semplice, Alberto Capilupi voterebbe contro e non sarebbe il solo. Senza unanimità pare difficile proseguire su questa strada, a meno di invischiarsi in ricorsi.

«Secondo noi - precisa Pasetti per il Comune - il Sociale è un condominio». Se passasse questa tesi, verrebbe eletto un amministratore. Il quale potrebbe avvalersi di un consiglio di condomini, ma anche di una commissione artistica, per valutare come muoversi rispetto all’affitto. Oppure affidare la gestione del teatro a una Fondazione o, come disse all’assemblea di giugno Sergio Cordibella, a una associazione tipo quella che regge il Centro di palazzo Te.

Ma fermiamoci all’ipotesi dell’affittanza.

Si sa che in città molti si lamentano del costo troppo alto per utilizzare il Sociale. «Se non tiri fuori subito tremila euro, non entri nemmeno», ha annotato Luca Nicolini al convegno nazionale aperto da Mattarella e Franceschini sul futuro delle città d’arte. «Eppure – ricorda Federica Restani di Ars e direttrice della Scuola di Teatro al Sant’Orsola – quando avevo visto bene i conti del Sociale, era emerso che il costo vivo di una serata, compresi i vigili del fuoco, non supera i mille euro. Proposi di tenere basso il prezzo almeno per i palchettisti che organizzano e per le iniziative importanti della città: dall’Orchestra da Camera, al conservatorio». O lo stesso Festivaletteratura, che ha rinunciato a usare il Sociale per i costi.

E quando il Bibiena dovrà fermarsi per i restauri, che farà il Sociale?

Al di lá della disputa di oggi, tutti affermano che i tempi sono cambiati in meglio. Grazie alla saggia e prudente gestione del presidente Guido Benedini – gli viene riconosciuto anche dai critici – il Sociale ha quasi finito di pagare i debiti, cioè il mutuo lasciato dalle gestioni precedenti. Inoltre il restauro è quasi completo.

Un tempo la presidenza del Sociale sembrava la consolazione per i candidati sindaci di centrodestra non eletti, come Marco Ghirardini e appunto Benedini. Ma Il periodo delle cordate è finito, afferma lo stesso Capilupi. E ormai c’è un consenso generale sull’impegno messo da Gianfranco Castelli e Marina Genovesi, anche se si ritiene che non possono essere loro con il segretario Maurizio Bambini, a decidere le affittanze che poi vengono mostrate come “Stagione del Teatro Sociale” e per le quali si cercano sponsor. Sarà possibile un accordo, che includa e non escluda? Se lo augurano in tanti.

Maria Antonietta Filippini

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