Mantova, gli angeli volano di notte nella città dei clochard
Caritas, Comune e Sepris cercano chi dorme in strada: in 30 non hanno una casa. Al parco vive Kamil, senzatetto con lo smartphone: «Siamo a -2, non serve aiuto»
di Francesco Romani
MANTOVA. C’è una città nascosta che si cela dentro Mantova. Vive negli androni dei palazzi, nei garage coperti, a volte sulle panchine. Occupa gli spazi che di giorno sono frequentati dai turisti. È la città dei senza tetto, persone che la marea della vita ha spiaggiato nella Mantova monumentale di palazzo Ducale, piazza Virgiliana, Sant’Andrea, delle Pescheria, luoghi che di notte cambiano veste e si aprono ai senza dimora.
Ecco la città dei clochard. In viaggio con i volontari
Ma c’è nelle stesse ore e negli stessi luoghi anche un’altra Mantova. Quella dei volontari, delle associazioni, del Comune e della Caritas, che si muovono incessantemente battendo palmo a palmo vie e piazze per aiutare chi ha bisogno, offrire plaid, un tè caldo, a volte solo una parola che scalda più di mille coperte. Per scoprire queste città segrete bisogna uscire la sera, le notti assieme ai volontari.
Ore 22.30, piazza Mozzarelli. L’appuntamento è alla sede della Gazzetta. L’assessore al welfare Andrea Caprini è puntuale. Con lui il dirigente dei servizi sociali Ernesto Ghidoni ed i volontari del Sepris, il servizio di Pronto soccorso curato dall’associazione di protezione civile Club Virgiliano che da anni gira in cerca dei senza tetto, e mappa tutte le zone frequentate dai clochard.
Ore 22.45, verso il Ducale. Virginia Roversi i senza casa li conosce bene. Sa dove vanno, che luoghi frequentano, come si muovono. «È vero, molti mantovani non sanno nemmeno della nostra attività – dice –. Ma è un bene. Perché il nostro è un lavoro delicato, che non va fatto sotto i riflettori, ma avvicinando con delicatezza le persone che sono in mezzo a una strada». Il furgone della protezione civile guidato da Marco Calistani, infila velocemente i vicoli e arriva fin dentro al Ducale, in un giro fatto centinaia di volte e che stavolta conduce ad un incontro inatteso.
Ore 23, l’ingegnere e il meteo. Kamil è un ingegnere libanese. È nato a Tiro. La vita lo ha portato in Italia per studiare. Ma a volte, basta un “click”, un nonnulla. Le cose iniziano a girare male. Così Kamil non trova lavoro, l’orgoglio gli vieta di pesare sui parenti. Inizia una discesa a spirale che lo fa atterrare su una soglia di palazzo Ducale, in piazza Lega Lombarda. Due coperte, un sacco a pelo, acqua e un cellulare. Ghidoni lo saluta come altre sere: «Ti portiamo al dormitorio, alla tenda»? dice offrendogli un tè caldo. Lui rifiuta. Si capisce che è una persona intelligente ed educata: «Ho guardato il meteo sul cellulare, non farà tanto freddo» risponde sfoderando un sorriso levantino. Significa, “no grazie”. Ma anche, “me la so cavare”. Da ingegnere forse c’è da crederci anche se la colonnina di mercurio segna meno uno.
Ore 23.15 la città deserta. Il furgone sobbalza sull’acciottolato del cuore cittadino. Mantova a quest’ora è deserta, solo in qualche bar ci sono le luci accese. «Chi è senza tetto cerca luoghi sicuri – spiega Virginia –. Anche per questo Mantova è una meta ambita. Qui ci sono pochi balordi e di zone dove poter stare tranquilli ce ne sono tante». I criteri di scelta, le strategie di questa “guerra” guardie e ladri li conoscono anche i volontari, che con l’esperienza quasi si immedesimano nei pensieri dei clochard. Serve stare lontani dai bar, dalle zone passeggio i cani, ma non troppo isolati.
Ore 23.30, la zona stazione. Le sale d’aspetto sono vuote. In attesa sul primo binario c’è il Frecciarossa che parte la mattina dopo. L’assessore Caprini va avanti e indietro sul marciapiedi : «Noi coordiniamo come Comune il lavoro che poi viene svolto dal Sepris: battere la città e scovare i senza dimora, prendere contatto con loro ed offrirgli un ricovero al dormitorio di via Ariosto oppure alla tenda allestita alla sede della Croce Rossa». E offrendo anche servizi come l’avvocato di strada, o le prestazioni mediche.
Ore 24, la tenda della Cri. Entrando nel tendone allestito dietro la sede della Croce Rossa, si percepisce subito il caldo. Otto posti, tutti occupati. Sono tutti uomini venuti in Italia in cerca di un lavoro, ma che hanno perso i legami famigliari e la vita ha messo sul binario della strada. Come L. un ragazzo romeno dagli occhi azzurrissimi: «Sono di Bacau, qui ho un fratello, ma è sposato e non può ospitarmi. Se mi manca la Romania? Me la sogno di notte, ma se torno forse non la riconosco nemmeno». Il ritorno in una casa coccola i pensieri di tanti qui dentro. Come K. che viene dal Marocco e mostra le dita viola dal freddo mentre fa un sodoku in italiano: «È la prima notte che sono qui. Si sta bene. Non ci sono tanti comuni che fanno così». Annuisce anche H. il compagno a fianco, anche lui marocchino: «Sono imbianchino, dal 2011 lavoro solo ogni tanto. Non ho soldi per una casa e neanche per tornare in Marocco» dice con occhi lucidi.
Ore 24.15, l’ospedale. Leonardo Moretti è un educatore di strada che il Comune ha voluto proprio per fare il primo, delicato passo: rompere la scorza autodifensiva che avvolge chi si trova in mezzo ad una strada e agganciare il “contatto”. Come? «Dipende. A volte basta una parola, a volte una sigaretta assieme. Quando si instaura la fiducia, allora si possono fare i passi successivi: chiedere se c’è bisogno di qualcosa, offrire servizi». A volte la scintilla scocca, a volte no. Samuel è in ospedale in preda ai fumi dell’alcol. Ha un piede incancrenito ed il medico del pronto soccorso concorda con il Comune di fare un Accertamento sanitario obbligatorio. Basta un attimo. Sanità e umanità si vede a colpo d’occhio che si sposano senza forzature.
Ore 24.30, il dormitorio. Caprini entra svegliando solo il referente di turno dell’Aspef. Gli ospiti sono 24, tutto completo. Qualcuno dorme anche nel corridoio. «Buon segno – conclude l’assessore – Significa che i presìdi che abbiamo messo a disposizione funzionano». Si torna a casa, un’altra notte di ronda è finita. Ghidoni, il vero artefice di tutto questo è soddisfatto. L’idea nata 13 anni fa che i servizi sociali non finiscono quando gli uffici comunali terminano il loro orario, ma coprano 24 ore, funziona. La Mantova dei senza tetto e quella dei volontari e della solidarietà proseguirà anche stanotte il gioco guardie e ladri. «Perché – dice Ghidoni – anche un solo clochard tolto dalla strada significa forse salvargli la vita».
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