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Dal Politecnico sì a Bucci. Sarà prorettore fino al 2022

Avanti con la cattedra Unesco e il lavoro per la città: «Ora via le auto dalle piazze». E a febbraio gli studenti migliori saranno a Mantova per riprogettare Lunetta

di Igor Cipollina
2 minuti di lettura

MANTOVA. Dopo la semina potrà godersi il suo raccolto, «ma guai a sedersi sugli allori»: la nomina era nell’aria, l’elezione di Ferruccio Resta a rettore del Politecnico di Milano gli aveva spianato la strada, però Federico Bucci aspettava la conferma ufficiale per rilassare i pensieri. Che continuerà a essere il prorettore del polo territoriale di Mantova fino al 2022 l’ha saputo in settimana, adesso è già al lavoro perché «la semina deve rinnovarsi in continuazione». La pratica del maggese – la messa a riposo del terreno – non è tra le opzioni. I propositi per i nuovi anni? «Mi batterò perché il nostro contributo sia sempre più utilizzato dalla città, per trasformare le piazze del centro e dare centralità alle periferie».

Il problema dei poli, e dell’università in generale, è quello dei finanziamenti, la continua rincorsa ai fondi: l’indice è puntato contro l’amministrazione politica che «insiste a non accorgersi delle potenzialità e dei cambiamenti». Università e politica viaggiano a velocità diverse.

A mettere in fila le tre condizioni per la sopravvivenza del polo di Mantova, e la riconferma del prorettore, è lo stesso Bucci: motivazione del gruppo e ricambio generazionale; la specializzazione (guai a replicare le cose che già si fanno nella sede centrale); la specificità della presenza (perché a Mantova e non altrove). Tutte condizioni soddisfatte, e a soffiare nelle vele di Bucci è arrivato pure il rinnovo della cattedra Unesco, insieme alla conferma dei fondi da parte della Fondazione Università di Mantova. È carico il prorettore, che connette la metafora agricola della semina con l’interrogativo gramsciano sul perché le università italiane non esercitassero «quell’influsso di regolatrici della vita culturale che esercitano in altri paesi» (dai Quaderni dal carcere).

«Per me il Politecnico in generale, e il polo di Mantova in particolare, sono all’altezza della vita culturale – rivendica Bucci 90 anni dopo – Ci siamo impegnati per il ruolo visibile di MantovArchitettura, applicando il format di Festivaletteratura all’università. È la didattica che esce dalle aule per entrare nella città di Mantova, che è la capitale naturale della storia dell’architettura europea».

E tutto questo si tiene assieme con l’internazionalizzazione: «Oggi abbiamo studenti da tutto il mondo che vivono la città, e con Mantova hanno un confronto sociale. Studenti per i quali Mantova è spesso la porta d’ingresso alla conoscenza della cultura europea. Pensiamo a un giovane cinese che arriva qui dalla metropoli di Shanghai e tu devi accoglierlo – s’appassiona il prorettore – Il polo di Mantova ha quella sana inquietudine che un’università deve avere come regolatrice della vita sociale, non abbiamo paura del cambiamento perché impariamo dai giovani».

Ma oltre a mediare il rapporto tra studenti e città, il Politecnico deve anche misurarsi direttamente con Mantova: «Mi batterò perché l’università sia sempre più un elemento a cui guardare e da utilizzare, il caso della domus in piazza Sordello è uno dei tanti – ripete Bucci – Dovremo lavorare molto per trasformare le piazze, che sono il cuore delle città, inorridisco a vedere piazza Alberti e piazza d’Arco colme di macchine. Questa sarà una battaglia del futuro. E poi stiamo lavorando sul quartiere di Lunetta, al quale a febbraio sarà dedicata l’advanced school of architecture, in collaborazione con il Comune, che per due settimane convoglierà qui gli studenti migliori del Politecnico». Per rammendare lo strappo tra centro e periferia.

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