Escluso dagli appalti con una scusa
Corruzione in Regione, ingegnere punta il dito contro le gare truccate

MANTOVA. «Quelle due gare non me le sono aggiudicate. Anche se la mia era la proposta più vantaggiosa, mi hanno detto che non avevo vinto per la mancanza di un documento che io ero certo di aver consegnato». Lo ha raccontato ai giudici in aula un ingegnere, in riferimento a due appalti del 2013 per la messa in sicurezza degli edifici scolastici.
È un testimone del processo milanese a carico dell'ex vicepresidente della Regione Lombardia Mario Mantovani, arrestato nell'ottobre del 2015 per corruzione, concussione e turbativa d'asta, dell'assessore all'economia della Regione Lombardia, Massimo Garavaglia, accusato di turbativa d'asta, e di altre dodici persone. La deposizione del testimone, Pietro Bonfiglio, titolare di uno studio tecnico dell’hinterland milanese, è stata incentrata in particolare su un capo di imputazione: la turbativa d'asta contestata all'ex ingegnere del Provveditorato opere pubbliche per la Lombardia Angelo Bianchi, anche lui arrestato assieme a Mantovani e al progettista Gianluca Peluffo.
Stando alle indagini del pubblico ministero Giovanni Polizzi, i due imputati avrebbero «illegittimamente escluso» da due gare sulla «valutazione di rischio sismico» e «messa in sicurezza» di due scuole ad Arconate, comune del Milanese, «con le strumentali e infondate motivazioni relative all'omessa allegazione del Durc», il documento unico di regolarità contributiva.
Il testimone ha raccontato di aver «conosciuto Bianchi per altri lavori in una scuola media di Arconate», Comune di cui in passato Mantovani è stato sindaco. Bonfiglio ha anche chiarito, pero, di non aver «mai incrociato Mantovani per la mia attività». E ha aggiunto che «quando venni escluso dalla gara non chiesi conto a Bianchi e a nessuno, accettai il verdetto anche se ero convinto di aver consegnato quel documento al Provveditorato».
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