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Folle gara per lo sballo, l'intervento dell'associazione genitori

4 minuti di lettura

MANTOVA. La lettera di Patrizia Togliani dell'associazione italiana genitori - Age di Mantova

La toccante testimonianza del giovane lettore che è intervenuto sul tema della ricerca dello sballo da parte di molti adolescenti mi permette di rientrare nel dibattito per chiarire meglio il mio pensiero. Non è sicuramente un tema questo che si possa liquidare in poche battute: la portata del fenomeno, la  complessità dei fattori che ne sono coinvolti e la consapevolezza della posta in gioco, in termini di conseguenze sul  futuro dei nostri figli ,meritano certamente una riflessione approfondita, a più livelli e in diversi contesti. Per cominciare è essenziale  analizzare il fenomeno dal punto di vista di chi lo vive direttamente: il giovane diciassettenne  descrive il  disagio che prova nei momenti in cui i  coetanei  si vantano di aver superato “ il limite”, come se fosse una sfida costante con il proprio corpo , una gara a stare più male, a  “ perdersi”, ad autoannullarsi, ad entrare  ed uscire ossessivamente da una dimensione reale a una dimensione di straniamento, passando magari per una dimensione “virtuale”. Non è un caso che  una categoria che viene utilizzata da un po’ di tempo  per interpretare questa condizione di tanti adolescenti  è quella del nichilismo, ovvero della ricerca del nulla, del vuoto . E’ vero, non si tratta di carenza di conoscenza sugli effetti e sulle conseguenze devastanti dello sballo da fumo, alcol, droga….infatti  negli ultimi anni sono sensibilmente cambiate anche le  le strategie  di prevenzione da parte dei Servizi. Da qualche anno la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ha  cercato di individuare nel potenziamento delle “competenze di vita “-cognitive-emotive relazionali- delle condizioni che la famiglia, la scuola, le altre agenzie educative e la comunità devono incentivare per promuovere corretti stili di vita .

Come non essere d’accordo ad esempio sul fatto che spesso abbiamo a che fare con ragazzi che non possiedono un minimo “alfabeto emotivo”? Come è possibile comprendere un altro fenomeno altrettanto devastante, quale è il bullismo , anche nella forma del cyberbullismo,  se non come il venir meno di ogni capacità  empatica nei confronti dell’altro? Come spiegare la perdita addirittura della risonanza affettiva che lega i figli ai genitori e viceversa e che giustifica tanti delitti famigliari?

Le cronache degli ultimi giorni sono una  spaventosa litania di fatti incomprensibili che psichiatri, psicologi ,sociologi  ed esperti vari si affannano a tentare di decifrare.                                                                                  

 La  lista delle difficoltà di adattamento ai diversi  contesti della contemporaneità  portano a non dare più come scontata l’acquisizione di determinati  “strumenti” nel processo di crescita dei nostri figli.   

Mi riferisco ad esempio alla frequente mancanza di capacità di gestire lo stress e la frustrazione. Presi come sono da modelli talvolta non realistici di autorealizzazione, spavaldi sì, ma anche tanto fragili , per parafrasare un celebre titolo di Pietropolli Charmet, i nostri ragazzi non riescono ad accettare un’immagine non sufficientemente  adeguata di sé rispetto a quanto si vorrebbe mostrare  al mondo. Forse non si conosce abbastanza il dato statistico in base al quale  il suicidio è al secondo posto  come causa di morte degli adolescenti  in Italia.

Dobbiamo cadere allora nel vittimismo, nel trovare  costantemente  altrove dei capri espiatori per giustificare le condotte trasgressive ed autolesioniste, i comportamenti  insensatamente  distruttivi verso i beni collettivi ( i pullman, i treni, gli arredi scolastici…), le manifestazioni  di aggressività e di violenza verso gli altri, con la scusa magari di essere stati provocati?

E’ evidente che allora il discorso volge dai ragazzi ai loro educatori, in primis i genitori. Giustamente sono i primi chiamati in causa nell’educazione dei loro figli, coerentemente con il principio ribadito nell‘art. 30 della nostra Costituzione .  E’ sacrosanto , come dice il lettore , che i genitori non facciano gli struzzi, ovvero che facciano finta di ignorare dove vanno i ragazzi, a che ora rientrano alla sera, chi frequentano, …ecc. Purtroppo dobbiamo ammettere di assistere ad uno strano fenomeno che riguarda molti  genitori: come risultiamo spesso  ultraprotettivi , addirittura ossessivi nelle forme di controllo e di accompagnamento durante la fase della prima e seconda infanzia dei nostri figli,  così si verifica una sorta di “ libera uscita”, un accordo più o meno tacito di quasi completa autonomia e autogestione  già durante la preadolescenza e poi l’adolescenza. Questo atteggiamento , che potrebbe essere interpretato come un  modo di assecondare un legittimo bisogno  di progressiva indipendenza da parte dei ragazzi, spesso  assume invece i contorni della rinuncia educativa. Non  riuscendo a farci i valere in modo autorevole, stabilendo attraverso l’ascolto e il dialogo delle regole  condivise  e  , noi genitori  preferiamo  spesso  evitare lo scontro , mascherando il tutto come un’ attribuzione ai ragazzi  di fiducia e responsabilità . Salvo poi, quando avviene “ il fatto”, trasformarci in difensori ad oltranza o in increduli e ignari testimoni : “ …Non può essere stato mio figlio” !

Molte sarebbero le interpretazioni legate a questi fenomeni, dalla perdita   generalizzata del senso di autorità , legata alla prevalenza di uno stile educativo “ materno” che non viene sufficientemente compensato dallo stile “ paterno”, al disorientamento che coglie noi adulti nei confronti di un mondo che facciamo fatica a riconoscere e dominare , perché tutto si evolve e si modifica troppo in fretta.

Del resto siamo consapevoli che non sempre ultimamente, purtroppo ,il mondo degli adulti  fornisce  modelli credibili alle nuove generazioni ,sia nelle dimensioni quotidiane della vita che nella politica , nello sport, nei  personaggi pubblici esposti dai mass media .

 A volte si ha l’impressione che siamo proprio noi adulti  l’anello debole della catena, alla quale le nuove generazioni tentano di agganciarsi, ma dalla quale spesso non ricevono sufficienti  validi motivi di emulazione.

 Il giovane lettore saggiamente ricorda il bisogno di colmare  il vuoto di valori , di ritrovare dei punti di riferimento condivisi  che stiano alla base di una ritrovata convivenza.                                                               Questo sforzo è stato reso ancora più arduo da una delle caratteristiche dell’epoca in cui viviamo , l’individualismo, che costringe  ciascun membro della società ad affrontare in maniera isolata e spesso in solitudine problemi che vanno ben oltre la propria capacità di soluzione .                                                                                                                                      E’ venuto meno il senso della comunità , che forniva alla famiglia un supporto educativo indispensabile nell’indirizzare le nuove generazioni  all’adesione di valori condivisi e  indiscutibili.    Non ignoriamo infine il senso di precarietà e di ansia per il futuro, le paure che come adulti ci portiamo dietro perché fatichiamo ad intravvedere un domani allettante e sufficientemente sicuro  per i nostri figli.  Ecco perché occorre ritrovare il senso del nostro impegno educativo rivalutando quelle alleanze( con la Scuola,  le Parrocchie, l’Associazionismo..)  che sono progressivamente venute meno con la perdita del senso di comunità . La  Scuola , in tutti i suoi ordini e gradi, ha un ruolo fondamentale nel condividere tutte queste responsabilità con i genitori , anche se non più evidentemente sostituirsi ad essi e ai loro compiti specifici.  E’ fondamentale  che si riscopra l’importanza della partecipazione  all’interno degli Organi Collegiali della componente genitori, mentre negli ultimi anni si è purtroppo assistito ad una progressivo abbandono della loro presenza con l’avanzare dei gradi scolastici di frequenza dei figli, fino quasi ad annullarsi alle Superiori. Non usciremo da questo senso di impotenza se non ritroveremo le basi di un impegno comune.

Patrizia Togliani
Associazione italiana genitori-Age Mantova

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