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Nuovo flagello nei campi. Dopo le nutrie, 2mila volpi

Una minaccia per i pollai e per gli argini: tane profonde fino a trenta metri

di Daniela Marchi
2 minuti di lettura

MANTOVA. Dopo la nutria, il nuovo flagello delle campagne è la volpe. Presente stabilmente nel nostro territorio da almeno una quindicina d’anni, ora il suo numero è in continua crescita. La Provincia calcola una popolazione di circa duemila esemplari, stima compiuta attraverso il numero di tane attive trovate da agricoltori e guardie venatorie, cioè 700-800.
Le volpi sono distribuite in modo uniforme su tutta la provincia, ma le zone che questi predatori carnivori prediligono sono quelle dove si possono nascondere con maggior facilità e dove l’agricoltura è meno intensiva, quindi le aree ricche di vegetazione spontanea, come il parco del Mincio e il parco dell’Oglio sud oppure le aree golenali incolte o coltivate solo a pioppeti. Forte, per esempio, è la presenza di volpi nell’area Destra Secchia, da Ostiglia a Sermide, a ridosso del Po.


La volpe è un animale che non vive in branco; l’Ispra (Istituto superiore protezione e ricerca ambientale) calcola che la densità biologica ottimale sia di un esemplare per chilometro quadrato. I dati della presenza della volpe nel Mantovano, secondo l’ufficio vigilanza della Provincia, invece, danno numeri 4-5 volte superiori. Questo perché il nostro territorio è fortemente antropizzato e ricco di fauna selvatica, come lepri o animali da cortile, quindi un posto sicuro dove potersi sempre sfamare.
Ma perché le volpi vengono considerate un flagello? Innanzitutto perché trivellano argini, canali e fossi.
«Rispetto alla nutria che scava tane profonde al massimo tre-quattro metri, la volpe può arrivare fino a trenta metri - ci spiega Roberto Malagoni, coordinatore della vigilanza della Provincia di Mantova - Però la volpe scava negli argini già fragili, sabbiosi, non in quelli compatti dove è difficile penetrare. Paradossalmente in questo modo, quando il personale di Aipo trova le gallerie costruite dalle volpi, capisce subito che l’argine va rinforzato, è una sorta di campanello d’allarme, un carotaggio utile ad avvisare i tecnici che occorre subito intervenire, non solo perché scavato, ma perché era già fragile e sabbioso».
Ma quello delle gallerie che attraversano argini e canali non è l’unico danno provocato dalle volpi. Questi predatori carnivori, che qui da noi non hanno competitori, sono costantemente a caccia di prede. Si nutrono di lepri e leprotti, di gatti e sterminano interi pollai.


«Nella nostra zona - ci spiega un cacciatore di Sermide - nessuno più riesce a tenere le galline in corte. Vengono subito divorate dalle volpi. Ormai dobbiamo tenere i pollai chiusi, mai far uscire polli, galline, faraone. Nelle tane che scopriamo continuamente, troviamo dentro di tutto, resti di lepri, di galline e persino di gatti».
L’ennesimo problema rappresentato dalla volpe è quello legato alla diffusione di una malattia di cui è portatrice, la cisticercosi che, ad esempio, qualche anno fa aveva fatto strage nelle lepri.
Così come per la nutria, però, la Provincia di Mantova ha messo a punto un piano di contenimento: trappole e caccia. Le attività di contenimento un tempo venivano praticate solo dalle guardie della Provincia, ma in questi ultimi anni il personale non è sufficiente, quindi i vigilanti si fanno aiutare da cacciatori volontari (in possesso di regolare licenza di caccia e opportunamente formati) che durante le battute devono però essere accompagnati dalle guardie.
La nostra, tra le province lombarde, è l’unica che consente la caccia tutto il tempo dell’anno (in zone di ripopolamento, nelle zone protette degli Atc, per prevenire danni agli argini), proprio in considerazione dell’elevato numero di volpi, che richiede una massiccia opera di contenimento.
Le squadre di volontari sono circa due per ognuno dei sei ambiti di caccia (Atc), otto-dieci persone per ogni gruppo. I cacciatori utilizzano i fucili da caccia tradizionali, di calibro non superiore ai 12 e per scovare le volpi devono necessariamente avere i cani da tana, perlopiù terrier, piccoli e audaci cagnolini capaci di infilarsi in lunghissime tane scavate dai predatori-ingegneri e di ingaggiare vere lotte con le volpi.
Per il periodo 2015-2018 l’amministrazione provinciale prevede l’abbattimento di 150 volpi l’anno. Le carcasse vengono portate all’Istituto zooprofilattico che, secondo quanto disposto dal piano sanitario regionale per il controllo della fauna selvatica, analizza i campioni per verificare eventuale presenza di malattie.
 

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