GOITO: Mentre la comunità sikh si interroga sul da farsi, l’agente della Polizia locale di Goito che ha denunciato Singh Jatinder, ricostruisce quanto accadde quattro anni fa.
«Era primavera - ricorda il vigile urbano, ancora in servizio a Goito e che preferisce rimanere anonimo - e stavo facendo viabilità davanti alla scuola elementare del paese per sorvegliare l’uscita dei bambini. Erano le 13 quando vidi due indiani che stavano arrivando a piedi e che si fermano davanti a scuola, probabilmente per attendere qualche bambino da accompagnare a casa. Ad un tratto, notai un gruppo di mamme che si è subito spostato, come se volesse girare alla larga da quei due uomini. Una di loro mi si avvicinò: “Ha visto cosa ha quel signore?” mi disse. Risposi di no, ma quando guardai, mi accorsi che alla cintola aveva un pugnale che poi misurai, in ufficio: solo la lama era lunga 25 centimetri, 30 con il fodero. A quel punto invitai entrambi a seguirmi al comando; erano riluttanti a farlo e notai che solo l’accompagnatore parlava italiano, quello del pugnale no. A forza di insistere vennero con me».
Al processo, nel 2015, l’agente non andò perché in malattia: «Si presentò il mio collega - dice - che poi mi riferì che la procura aveva confermato il nostro sequestro e che il Tribunale aveva condannato l’indiano, comminandogli una multa di 2mila euro. Cosa penso della sentenza della Cassazione? Secondo me ha detto una cosa giusta: se per i sikh il pugnale è un segno religioso, da noi è considerato un’arma».