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Belfanti studia le carte in carcere. Il finanziere alle terme: un ordine

Il re dei ristoranti non risponde al giudice e si fa consegnare la documentazione dell’accusa. Uno dei militari: «È vero, andavo a Sirmione. Ma obbedivo alla richiesta del mio superiore»

di Giancarlo Oliani
1 minuto di lettura

MANTOVA. Piervittorio Belfanti non parla. Nel corso dell’interrogatorio di garanzia, avvenuto ieri mattina alle nove in carcere davanti al giudice Gilberto Casari, il re dei ristoranti si è avvalso della facoltà di non rispondere. Una scelta suggerita e condivisa con il suo avvocato Stefano Vigna che rientra in una chiara strategia difensiva: «Serve tempo - commenta l’avvocato - per leggere tutte le carte dell’inchiesta raccolte in quattordici faldoni. Passeremo al setaccio ogni documento». Il giudice nel frattempo ha convalidato l’arresto e Belfanti rimane in carcere. Ma non se ne sta con la mani in mano. In queste ore si sta leggendo tutta l’ordinanza che ha portato alla sua incarcerazione e oggi, insieme ai suoi avvocati, comincerà a disegnare la sua linea Maginot. Belfanti continua a dire di non aver truffato nessuno e che i contratti di vendita delle auto sono regolari. «Le accuse della Procura sono tutte da dimostrare - sostengono i suoi legali - e sembrano fatte ad hoc per suscitare clamore».

C’è molta attesa quindi per quello che potranno decidere i giudici del riesame che si riuniranno, presumibilmente, attorno al 15-16 luglio.

[[(gele.Finegil.StandardArticle2014v1) Una truffa con la Porsche incidentata]]

Altro scoglio da superare per Belfanti sarà quello della messa in prova che il tribunale di sorveglianza quasi certamente revocherà. E in quel momento si aprirà una discussione con gli avvocati difensori per i quali le prescrizioni del provvedimento non sarebbero state violate. Belfanti, lo ricordiamo, è in carcere per associazione a delinquere finalizzata a truffe e reati tributari: dalle truffe sulle auto usate contraffatte, all’intestazione fittizia di una serie di locali del centro di Mantova a prestanome per evadere il fisco. Ufficialmente nullatenente con un reddito dichiarato lo scorso anno di 246 euro.

[[(gele.Finegil.StandardArticle2014v1) I ristoratori: «Noi non c’entriamo nulla» ]]

Le indagini, coordinate dalla Procura, hanno portato alla luce anche un altro filone d’inchiesta, quello relativo a tre finanzieri accusati di corruzione, falso ideologico e truffa ai danni dello Stato: andavano alle terme con le auto di servizio e trafficavano con i titolari di maglifici cinesi. Gli investigatori sono arrivati a loro a seguito delle intercettazioni telefoniche ma non ci sarebbero collegamenti penalmente rilevanti con Belfanti.

Ieri mattina sono stati sentiti tutti quanti dal giudice Gilberto Casari: si tratta di Carlo Benvenuti, 49 anni, Pietro D’Amato, di 52 e Mauro Raso di 43. Quest’ultimo avrebbe detto di essere sì andato alle terme di Sirmione ma solo per accompagnare il suo superiore Benvenuti, obbedendo quindi ad un ordine, e di non aver mai beneficiato di prestazioni fisioterapiche.


 

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