Studi innovativi sull’Aids. Ricercatrice pluripremiata
Dottoressa di 32 anni presenta due lavori e fa incetta di riconoscimenti a Boston. In corsa c’erano duemila colleghi da tutto il mondo, in palio solo dieci attestati
di Roberto Bo
MANTOVA. È partita per Boston a fine giugno già orgogliosa di far parte dei quasi duemila ricercatori riuniti al congresso mondiale sullo studio delle cellule. In valigia aveva messo anche una piccola speranza: quella di portarsi a casa uno dei dieci attestati messi in palio per premiare i lavori migliori. Alla fine, Sara De Biasi, trentadue anni, di San Giorgio, assegnista di ricerca alla cattedra di Patologia Generale e Immunologia di Unimore (Università di Modena e Reggio Emilia), sul palco del “Cyto 2017” ha dovuto allungare sia la mano destra che la sinistra per ritirare ben due riconoscimenti.
A Boston la dottoressa De Biasi, laurea in biotecnologie mediche e farmaceutiche all’Unimore e successivo dottorato in medicina clinica e sperimentale in collaborazione con l’università di Valencia, si è aggiudicata i due premi presentando due studi sull’Aids.
Con il primo, pubblicato il 19 giugno sulla prestigiosa rivista internazionale Aids, ha dimostrato che la presenza del virus all’interno di diversi tipi di linfociti del sangue periferico dipende sia dalla durata della terapia antiretrovirale, sia dalla capacità del sistema immunitario di produrre nuove cellule.
Questa ricerca ha evidenziato l’importanza di poter misurare con estrema precisione l’attività dell’Hiv anche nelle cellule dove il virus si nasconde integrandosi nel Dna dell’ospite, per poter disegnare meglio nuove strategie terapeutiche volte all’eradicazione dell’infezione.
Il secondo studio premiato ha invece riguardato la ricerca di nuovi marcatori immunologici predittivi di successo terapeutico in pazienti Hiv+ sottoposti a trapianto di fegato. Per condurre le due ricerche sono state utilizzate sofisticate strumentazioni presenti in Italia unicamente all’ Unimore.
La ricercatrice mantovana aveva già ottenuto nel 2016 un titolo prestigioso: era stata eletta "scholar" della International Society for Advancement of Cytometry (Isac).
«Beh – ammette Sara – devo dire che è stata proprio una bella soddisfazione. Su quasi duemila partecipanti e dieci premi in palio, portarne a casa due non è niente male. Ma tutto questo lo devo soprattutto all’università dove lavoro. Queste due applicazioni messe a punto nel nostro laboratorio sono davvero innovative per la ricerca diagnostica di una risposta immunitaria. In sostanza riesco a fornire al clinico un dato fondamentale attraverso il quale lui capisce come procede la malattia».
Due premi in un solo colpo a un congresso mondiale di citometria e il titolo di “scholar” che apre le porte ad una eventuale carriera alla Isac (International society for advancement of cytometry): c’è n’è abbastanza per scappare all’estero come fanno tanti suoi colleghi. «No di certo – risponde decisa la ricercatrice di San Giorgio – non ho intenzioni di lasciare l’Italia perché sono innamorata del posto dove lavoro e dove esiste ancora un sano tenore competitivo e di collaborazione con i più importanti istituti stranieri».
I commenti dei lettori