Attentato di Barcellona, ex giocatore del Rugby Mantova era sulla Rambla
La testimonianza di Niccolò Visentin: "“È stato tutto velocissimo, non abbiamo fatto in tempo a dirci nulla, ci siamo lanciati per terra e abbiamo visto quel maledetto furgone a due metri da noi, che correva a più non posso”

MANTOVA. Come ci si sente quando il terrore e la morte ti sfiorano? “È stato tutto velocissimo, non abbiamo fatto in tempo a dirci nulla, ci siamo lanciati per terra e abbiamo visto quel maledetto furgone a due metri da noi, che correva a più non posso sulla Rambla”. Niccolò Visentin, 26enne originario di Sanguinetto ma ex giocatore del Rugby Mantova, dove ha militato dai 17 ai 24 anni, era a Barcellona il 17 agosto, giorno in cui il fondamentalismo islamico ha macchiato di sangue uno dei luoghi simbolo della città catalana, la Rambla.
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Questione di attimi, di secondi, ma anche di fortuna, come racconta Niccolò: “Ero con un amico, Lorenzo Lonardi, stavamo raggiungendo un altro nostro conoscente (Alessandro Vaccari, ndr) che ci aspettava in un bar in una via vicina, Carrer de l'Hospital. Eravamo all'altezza di Plaza de Catalunya, al centro della Rambla, che cercavamo di orientarci sulla cartina. Per evitare il grande flusso di persone ci siamo spostati su uno dei lati”.
Un gesto banale, ma che ha salvato la vita a Niccolò e al suo amico: “Dopo pochi minuti abbiamo realizzato che qualcosa non andava, sentivo il rumore di un motore su di giri e le urla delle persone. Abbiamo iniziato a vedere la gente che scappava all'impazzata, ci siamo gettati a terra d'istinto e il furgone ci è passato a non più di un paio di metri. Andava a ottanta all'ora, ha falciato chiunque si trovasse sulla sua traiettoria”. A quel punto Niccolò e il suo amico sono scappati nella prima via disponibile, rifugiandosi, assieme a una ragazza russa, nell'appartamento di due studenti americani. Qui sono rimasti fino a tarda sera: “Eravamo nella zona più critica, vicino alla casa dove hanno arrestato cinque persone e sopra il ristorante “La luna di Istanbul”, dove i terroristi si sono asserragliati. Si sentivano urla e colpi di arma da fuoco, la polizia e i telegiornali hanno smentito tutto ma io ero lì e posso confermare che è successo”.
Alle 11 di sera finalmente Niccolò ha potuto uscire e tornare al suo alloggio, a una decina di chilometri dal centro: “Avevamo i telefoni scarichi quindi la prima cosa che abbiamo fatto è stata tranquillizzare amici e genitori. Sembrava di essere in un film, c'erano forze armate dappertutto, posti di blocco e controlli. Ci abbiamo messo due ore per tornare al nostro alloggio”. L'orrore sulla Rambla non ha impedito a Niccolò di terminare la sua vacanza: “Siamo partiti in macchina da Verona, abbiamo fatto tutta la costa francese, Barcellona era l'ultima tappa. Non volevamo darla vinta ai terroristi, puntano a spaventarci e a tenerci chiusi in casa, ma non possiamo lasciarci annullare da loro”.
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