«Il mal d’Africa? Una cretinata colossale»
Quirico spara a zero contro tutto e tutti, dalla carità internazionale all’imperialismo cinese
Gilberto Scuderi
MANTOVA. “Il mal d’Africa è una cretinata colossale”. La mondializzazione anche: quella di Marchionne che vorrebbe vendere la stessa auto a un americano che spreca il superfluo e a un africano che in casa (se la casa ce l’ha perché spesso abita una baracca in un campo profughi insieme a mezzo milione di esseri umani che di umano non hanno quasi nulla se non l’apparenza) non ha né corrente elettrica né acqua del rubinetto. Indignato, arrabbiato - molto, molto di più - in seminario vescovile il 7 settembre Domenico Quirico ha sparato a zero contro tutto e tutti, dalla carità internazionale all’imperialismo cinese (rivoluzione capitalistica confuciana marxista), dai politici italiani che non sanno distinguere la Nigeria dal Niger ai progetti di sviluppo inesistenti targati Europa - esistono solo sulla carta e sui cartelli stradali che nel deserto li indicano in direzione del vuoto assoluto - perché i soldi se li sono mangiati fifty fifty i presidenti degli stati africani con la loro classe dirigente e noi europei - quelli che orchestrano gli aiuti umanitari - che sommamente ipocriti millantiamo filantropia a tutto spiano. Conniventi, noi e loro. La cooperazione internazionale è un grande affare. I centri di accoglienza anche.
Il giornalista della “Stampa” ha raccontato in questo modo, terribile e irrisolvibile, la sua Africa. Che poi è la nostra, anche se qualcuno - ministri vari - vorrebbe renderla invisibile, per risolvere il problema non risolvendolo. Una questione igienica, come i migranti che vengono “accolti” con i guanti di lattice: chi di noi accarezzerebbe un cane coi guanti? Quirico ha debordato, ha scardinato. Un fiume in piena là dove la siccità detta legge su diritti umani immaginari. Decine gli esempi, uno più spaventoso dell’altro. Quasi incredibile ciò che accade.
Centinaia e migliaia di morti africani, ogni santo giorno, passano sui giornali con una decina di righe, quando va bene perché il più delle volte non passano. Per salire la gerarchia dei giornali si va a New York o a annoiarsi a Parigi. “Raccontare l’Africa non rende alla carriera”, il titolo dell’evento del Festivaletteratura. Proprio letteratura, fiction, molti vorrebbero che fosse. Quirico, con lui il giornalista Valerio Pellizzari, ha inchiodato tutti alla cruda realtà. Ovazione per lui nella grande sala, al gran completo, del seminario. Poi domani? È un altro giorno. Senza speranza.
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