Tipi da Festivaletteratura, quando tra il pubblico trovi un "personaggio"
Quattro incontri, tra i tantissimi dei giorni del Festival, ma questi sono particolari, perché non potevano passare inosservati

MANTOVA. Festivaletteratura porta a Mantova il mondo. Degli autori. Dei volontari. Degli appassionati di libri. Tra i tantissimi lettori che hanno affollato gli eventi festivalieri ci sono anche i "tipi particolari", quelli che non passano inosservati. Ne abbiamo incontrato qualcuno anche noi durante questi giorni di Festival. Ve li presentiamo (tutti i "personaggi" sono reali).
IL GIUSTIZIERE
Ha un cappello a tesa larga e gli occhiali da sole. A dire il vero sono occhiali da vista a cui ha applicato una clip con lenti da sole, però in questo momento il sole non c'è, quindi tiene la clip alzata come una visiera sulla montatura. Ha l'aria ordinata: la camicia blu a maniche corte non ha una piega, così come i bermuda, di identico colore. I piedi non si vedono, ma si capisce che non potrà che indossare dei sandali. Una sbirciatina conferma il sospetto. La penna si sporge dal taschino della camicia quel tanto che basta per essere visibile e far capire a tutti che è lì per stare attento: se il vicino farà rumore, sbufferà spazientito. Nel complesso sembra una persona mite. Ma se il relatore si allontanerà troppo dal microfono, sarà pronto a gridare «VOCEEEEEE!» con l'aria di chi sta mettendo fine a un torto.
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LO STANCO
Appena entrati, tra i pochi posti disponibili, avete scelto quello vicino a lui. È chiaro che si tratta del compagno ideale per un evento: non guarda compulsivamente il cellulare, non sfoglia nervosamente il programma, non sta mangiando patatine con la bocca aperta, non ha nessuno accanto che conosca e con cui possa chiacchierare rumorosamente. Quel posto sarà vostro: il giorno prima vi siete seduti accanto a un tizio che muoveva in continuazione le gambe facendo vibrare la vostra sedia e vi siete ripromessi di scegliere con più cura i vostri vicini. Vi affrettate per aggiudicarvi quella sedia: salutate con un sorriso, chiedete se il posto sia libero, vi accomodate. L'orario di inizio si avvicina, e il vostro vicino è perfettamente tranquillo. Lo osservate: sta sfogliando un libro con aria distratta. Si comincia! ripone il libro, si appoggia alla sedia e inizia ad ascoltare. Quasi subito si addormenta russando fragorosamente.
IL PROFESSIONISTA
Alza la mano per una domanda. Anzi, per LA domanda. Se l'e studiata da casa e benché non c'entri nulla con quello di cui si è parlato trova il modo di farla lo stesso. Certo, il nesso tra Platone e la lentezza della sua connessione internet è difficile da spiegare. Per questo ha bisogno di molte parole, prima di fare LA domanda: digressioni, chiose, puntualizzazioni, aneddoti di vita vissuta (la sua; in rari casi quella di un suo amico, che usa da schermo se LA domanda è pruriginosa). Ignora colpi di tosse, rumori del pubblico, fischi: se gli altri non hanno capito che stanno entrando a far parte della storia, stando lì ad ascoltare LA domanda, è un problema loro. Lui no, invece, lui ha capito tutto. E si prende tutto il tempo che gli serve, mollando il microfono con gli occhi lucidi in trepidante atttesa della risposta. Che, in genere, inizia con «Non so se ho capito bene, ma provo a rispondere ugualmente».
L'ENTUSIASTA
Ride e annuisce teatralmente. Nel suo quotidiano ride pochissimo: è persona nota per avere un senso dell'umorismo del tutto atrofico. Non è che oggi si stia divertendo più del solito, ma ci tiene moltissimo a far vedere che è preparato. Ogni suo muscolo è pronto a far capire all'intera platea che ha colto ogni riferimento, ogni allusione, ogni sottile arguzia del relatore. A volte vede il suo amico impassibile, di fronte alle battute dell'autore: allora si sporge verso di lui, con pazienza, e gli spiega perché dovrebbe ridere. Poi si guarda intorno, per accertarsi che anche gli altri abbiano capito. È a quel punto che cercate di non incrociare il suo sguardo, con lo stesso malessere che provavate quando il professore scorreva il registro per interrogare.
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