Ma nelle scuole non se ne parla. «Attendiamo che sia legge»
Troppo presto per parlare di ius soli nelle scuole. Lo dicono i presidi degli istituti comprensivi di città
MANTOVA. Troppo presto per parlare di ius soli nelle scuole. Lo dicono i presidi degli istituti comprensivi di città, dove pure gli alunni che sono potenzialmente i destinatari dell’eventuale nuova legge (nati e cresciuti in Italia da genitori immigrati) rappresentano un percentuale molto significativa degli studenti di elementari e medie.
«Fino a quando non sarà una legge dello Stato non siamo tenuti a proporlo come argomento di didattica - dice senza troppi fronzoli il preside dell’Istituto comprensivo Levi, Roberto Archi - se il ministero darà ordine di farlo, ovviamente, ci adegueremo».
L’istituto guidato da Archi raccoglie la percentuale di alunni di origine straniera più elevata di città (e tra le più alte in provincia). Il dato medio è del 50% circa, ma in situazioni specifiche i ragazzini di origine straniera sono la maggioranza.
Anche la dirigente del comprensivo 2, Antonella Daolio spiega che «per quanto sia un tema importante con cui riflettere con i ragazzi, ritengo che oggi sarebbe prematuro farlo. La legge non è ancora stata approvata e ne sta discutendo la politica. Parlarne oggi ai ragazzi, ci esporrebbe al rischio di esprimere opinioni e non un progetto educativo vero e proprio».
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