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Scuole, debiti e contributi sullo sfondo del voto

Pieve, Revere e Villa Poma si preparano al referendum di domenica sulla fusione. Il sì deve vincere in tutti tre i Comuni, altrimenti non se ne potrà fare nulla

di Giorgio Pinotti
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PIEVEDI REVERE VILLA POMA. Il voto per la fusione tra Pieve di Coriano, Revere e Villa Poma è alle porte e la tensione aumenta. Lo scontro fra le motivazioni del sì e del no sta prendendo forma nelle attività dei due comitati che sostengono le opposte mozioni. Il verdetto finale lo daranno gli elettori domenica. Va ricordato che la fusione deve passare in tutti e tre i Comuni, altrimenti il percorso si interrompe. E proprio su questo punta la strategia del comitato del no, a cui basta che un solo Comune si esprima contro, per centrare l'obiettivo.

Il comitato del no si sta concentrando su Revere e su Pieve, dove il basso numero degli elettori può giocare un ruolo determinante. Il comitato del no, guidato da Alberto Longhini, già sindaco di Revere, delimita il terreno dello scontro: «In provincia - spiega Longhini - tutti i Comuni sotto i 5.500 abitanti hanno un'unica scuola elementare, perché noi dovremmo tenerne aperte tre? Lo Stato cercherà di risparmiare sul personale delle scuole. E anche sui contributi c'è da chiarire, la legge dice che i contributi verranno erogati sulla base e nei limiti dei finanziamenti, anno per anno, quindi non sono affatto garantiti. Inoltre i fondi rischiano di diminuire con l'aumentare delle fusioni. Gli amministratori guardano solo ai contributi, ma ai cittadini non importa del bilancio comunale, mancherà l'autonomia».

Altro punto riguarda Revere: «Revere ha 4 milioni di debito, gli altri solo uno. È quindi legittimo pensare che la tassazione diversificata per cinque anni andrà a discapito dei cittadini di quel paese, che in termini di patrimonio porta, però, più degli altri». Andrea Bassoli, ex sindaco di Pieve, che presiede il comitato del sì risponde così: «Revere ha sempre chiuso il suo bilancio, ha più debiti, ma anche maggiori entrate. Quel Comune ha un piano di rientro fino al 2024 e non ha mai avuto problemi».

Sulla scuole, tema molto sensibile: «Il rischio chiusura si presenta se mancheranno gli investimenti – ribatte Bassoli – e se non si farà la fusione è verosimile che mancheranno le risorse. Il punto è che questa è un’occasione per il territorio, se non verrà colta rimarremo tre piccoli paesi, paralizzati nell'offrire servizi, che tireranno a campare. La fusione vuol dire contributi, ovvero la possibilità di investire in servizi e programmare un futuro per le comunità. Faccio questa battaglia perché, come molti cittadini, credo in questo processo. L'invito a tutti è di essere responsabili e non farci sfuggire un'occasione per il futuro».

Giorgio Pinotti
 

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