Controlli su meno della metà delle strutture
Personale scarso in prefettura: monitorato solo il 40% dei centri. «Finora poche irregolarità»
MANTOVA. Qual è il sistema dei controlli sulle cooperative che gestiscono i migranti? Chi e in che modo verifica che le attività svolte siano quelle previste dal bando di gara e che, dunque, i servizi forniti rispettino gli standard di qualità e quantità richiesti? La responsabilità è in capo alla prefettura, che però deve fare i conti con le ristrettezze dell’organico e la difficoltà di monitorare costantemente un centinaio di strutture e un migliaio di migranti.
Il motore della macchina prefettizia è nell’ufficio in cui due funzionarie, Lucia Papaleo e Lucia Compri, si sono dovute reinventare una professionalità: dai servizi sulle dipendenze a quelli per i migranti. Un traffico continuo di arrivi e partenze da gestire nella quotidianità, con invio quotidiano al ministero dei report su arrivi e partenze spontanee dai centri di accoglienza.
Poi c’è, appunto, tutto il filone dei controlli. Innanzi tutto quelli preventivi sulle strutture scelte dai vincitori dei bandi come centri di accoglienza: si tratta di verificare, insieme all’Ats, i requisiti strutturali e igienico-sanitari. Ben più complicati i controlli successivi, ossia quelli attraverso i quali verificare se nei centri di accoglienza tutto procede secondo le regole. Qui entra in campo un nucleo di monitoraggio che comprende tutti i funzionari della prefettura (in passato ne facevano parte anche rappresentanti di questura, Asl e Croce Rossa). Suo il compito di sentire i migranti per capire quale trattamento ricevano e quali attività svolgano, controllare i contratti di lavoro dei dipendenti delle cooperative, gli acquisti, il pagamento delle bollette.
«In questi anni nel Mantovano abbiamo trovato al massimo qualche irregolarità lieve, la situazione è di sostanziale rispetto delle norme» dicono dalla prefettura. Il gap tra l ’esiguità del personale e la mole di lavoro da svolgere lascia però aperte finestre non strette: delle cento strutture presenti in provincia, solo una quarantina è stata destinataria di controlli successivi all’arrivo dei migranti. «Procediamo a campione in modo da verificare il lavoro di tutti i gestori, in particolare dei principali – spiegano sempre da via Principe Amedeo – e in alcuni casi siamo stati più di una volta nello stesso Cas».
C’è poi un altro duplice piano dell’attività della prefettura ed è quello che ha istituzioni e popolazione come target di riferimento. La ratio è la stessa: dialogare per gestire al meglio l’arrivo di migranti in realtà perlopiù piccole e diffidenti, anche se l’input ministeriale è spesso debole nella direzione della trasparenza. La prefettura di Mantova tende a cercare il confronto: così il dialogo con le amministrazioni comunali si è intensificato, al pari della partecipazione ad assemblee pubbliche in cui si spiega ai residenti chi sono i migranti in arrivo. Spesso visti come uno spauracchio, anche se alla prova dei fatti nel Mantovano i veri problemi di integrazione e convivenza, a tre anni dall’esplosione dell’emergenza umanitaria, si contano sulle dita della mano. (ga.des)
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