Caso Palazzi, a che punto siamo: la Procura, il post del sindaco e la testimone
Cosa è successo sabato 25 novembre nell'indagine che riguarda il primo cittadino, le prime parole dell'accusa e il ritorno sui social network di Palazzi
di Gabriele De Stefani
MANTOVA. A tre giorni dal triplice blitz dei carabinieri e a due dalla diffusione della notizia, la procura di via Poma ha rotto il silenzio sulla vicenda giudiziaria che vede coinvolto il sindaco Mattia Palazzi. Il procuratore capo Manuela Fasolato è intervenuta nel pomeriggio di sabato. Secca, istituzionale e in linea con quanto anticipato dalla Gazzetta. La linea di demarcazione è fissata: il sindaco è accusato di tentata concussione reiterata per un anno, dal novembre 2016 al novembre 2017.
Quindi, come del resto era facile prevedere, la procura non si muove sulla base di una semplice denuncia di qualche avversario politico (che pure potrebbe esserci stata): al contrario, l’accusa nel corso dell’interrogatorio di martedì renderà noti «gli elementi di prova esistenti» invitando Palazzi «ad esporre quanto ritiene utile alla sua difesa». Prove e accuse tutte da dimostrare naturalmente, ma che la Fasolato e il sostituto procuratore Donatella Pianezzi sono pronte ad esibire. Ed è un segnale anche che a scendere in campo sia la stessa numero uno della procura.
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L’intervento di via Poma si spiega con la necessità di mettere un punto fermo sui contorni dell’inchiesta (l’attenzione mediatica su scala nazionale in alcuni casi aveva generato equivoci). Ma pone anche un nuovo problema al sindaco, perché quello che Manuela Fasolato mette nero su bianco contraddice quanto Palazzi aveva dichiarato nella giornata di venerdì: il rapporto tra lui e la vicepresidente dell’associazione culturale non era superficiale come il sindaco aveva lasciato intendere parlando genericamente di un paio di incontri in Comune e di scambi di messaggi, perché la procura ha tra le mani una corrispondenza lunga dodici mesi e fatta di centinaia di sms, WhatsApp, chat e fotografie.
Questo al netto del fatto che il momento in cui Palazzi aveva parlato era di grave difficoltà sul piano umano ed è dunque facile comprendere come il sindaco volesse proteggersi. Ma è in questo contesto non di semplice conoscenza che va ad inserirsi quel «Devi attenerti alle regole!» scritto in uno dei messaggi dal sindaco e inserito nell’avviso di garanzia.
Nel frattempo Palazzi potrebbe rientrare in città domenica 26 novembre, dopo quarantotto ore trascorse in montagna in cerca di un sollievo. È ovviamente molto provato, ma il ritorno a Mantova è necessario per prepararsi all’interrogatorio di martedì insieme all’avvocato Paolo Gianolio. Non sarà un appuntamento facile come dimostra anche il fatto che, contrariamente a quanto filtrato nella giornata di venerdì, la procura non ha fissato il faccia a faccia per accogliere la richiesta del legale: quella domanda non era ancora stata presentata. Dunque non saranno semplici dichiarazioni spontanee: è la Fasolato a convocare Palazzi per porgli domande.
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Il sindaco rimane in grave difficoltà personale, com’è inevitabile. Si trova a metà tra chi lo invita alla prudenza e chi evoca scenari come una querela contro ignoti per calunnie o l’organizzazione di una manifestazione in sua difesa. Azioni muscolari che - esercitando pressione sulla procura o peggio mettendone in dubbio l’operato prima di conoscere gli atti - di certo non agevolerebbero il lavoro del legale. Ma qui i piani si mescolano.
Perché se da una parte c’è il livello giudiziario con le sue esigenze e i suoi tempi, fatalmente non brevi, dall’altra c’è il desiderio di Palazzi e dei suoi fedelissimi di proteggere l’immagine nell’immediato. L’ipotesi delle dimissioni resta percorribile, ma stando a quanto filtra dal ritiro in montagna il sindaco e i suoi stanno cercando di salvare il salvabile per rimanere in sella. Quanto meno in attesa di martedì.
Nel medio-lungo periodo? Difficile che sfugga la consapevolezza che il capitolo resterà aperto per lungo tempo e che il materiale in mano alla procura sia destinato, presto o tardi, a diventare in buona parte pubblico. Ma Palazzi anche sabato 25 novembre - professandosi nuovamente innocente - era particolarmente preoccupato dall’esigenza di salvaguardare il consenso di cui gode e la credibilità di cui un sindaco ha bisogno. Una credibilità che – pur lasciando da parte l’aspetto penale della vicenda – esce inevitabilmente ridimensionata dalla distanza tra quanto dichiarato dal sindaco venerdì e quanto inizia ad emergere dall’inchiesta.
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