Il sindaco tre ore dai pm: non ricorda sulla foto senza veli
L’accusa scopre solo parzialmente le carte, le indagini per tentata concussione continuata restano aperte. Palazzi: onesto e trasparente. Vuoto di memoria sull’immagine che lo ritrae nudo
di Gabriele De Stefani
Mantova, il sindaco dopo l'interrogatorio in tribunale
MANTOVA. Scurissimo in volto, una maschera sul viso palesemente dimagrito e provato da una settimana che nessuno avrebbe potuto pronosticare. Mattia Palazzi arriva in via Poma alle due e un quarto del pomeriggio del 28 novembre, in leggero anticipo rispetto alla convocazione fissata per le 14.30. È il giorno del faccia a faccia con il procuratore capo Manuela Fasolato e il sostituto Donatella Pianezzi, che attendono il sindaco per interrogarlo dopo averlo iscritto nel registro degli indagati per tentata concussione continuata per un anno, dal novembre 2016 fino a questo mese.
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L’accusa è di aver chiesto alla vicepresidente di un’associazione culturale dei favori sessuali in cambio di non intralciarne l’attività. Ecco perché, anche in assenza di passaggi di denaro, per i pm la concussione è stata tentata.Il confronto dura poco meno di tre ore al primo piano del palazzo di giustizia. Nell’ufficio del procuratore capo entrano, oltre ai due magistrati e al sindaco indagato, i legali Paolo Gianolio e Silvia Salvato e il comandante del nucleo investigativo dei carabinieri Claudio Zanon.
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Va in scena un faccia a faccia che l’avvocato, assalito al termine dell’interrogatorio dai cronisti arrivati da tutta Italia, definirà «inevitabilmente pesante». Non per i toni particolarmente duri dei magistrati, insomma, ma per l’oggettiva delicatezza della situazione. L’accusa non ha scoperto tutte le carte: non sono stati mostrati né l’esposto origine dell’indagine, né tutti i messaggi che i magistrati hanno in mano (anche perché l’analisi di telefonino, tablet e computer di Palazzi richiederà ancora qualche tempo).
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La ragione, tecnica, è che le indagini sono ancora in corso e dunque non c’è ancora un quadro definitivo. Quel che è certo è che è stato contestualizzato il messaggio contenuto nel capo di imputazione (“Sai che un’associazione a volte non va avanti senza il mio consenso. Cerca di attenerti alle regole!!”): a quell’sms ne seguì a stretto giro un altro con chiare richieste a sfondo sessuale da parte del sindaco, che quindi - nella ricostruzione dell’accusa - in quel momento avrebbe fatto valere il suo ruolo pubblico per ottenere quella che il codice penale traduce in «utilità personale». Insomma, le regole a cui attenersi sarebbero proprio quelle a sfondo sessuale .
Palazzi ha – come spiegherà Gianolio dopo l’interrogatorio – risposto alle domande con «parziale precisione, tenuto conto della difficoltà di ricordare fatti lungo un arco temporale di dodici mesi». Su un punto il sindaco è stato però evasivo: l’invio alla vicepresidente della foto che lo ritraeva nudo. Quando il procuratore gliene ha chiesto conto, Palazzi ha risposto dicendo di non ricordare. Un vuoto di memoria che ha inevitabilmente creato qualche imbarazzo.
Sono due passaggi - la richiesta di favori sessuali subito dopo aver parlato di regole a cui attenersi e il vuoto di memoria sulle immagini intime - che giocano a sfavore del sindaco. In direzione contraria va invece il tono ondivago della vicepresidente, che in una prima fase sta ampiamente al gioco fatto di avance, ammiccamenti e grevi inviti a luci rosse, poi inizia a schermirsi e a invitare invano Palazzi a cambiare atteggiamento.
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«È stato confermato il capo di imputazione – sono le parole di Gianolio al termine dell’interrogatorio – ci sono stati mostrati alcuni elementi di prove documentali, mentre altri sono rimasti a noi sconosciuti, così come non ci è stato mostrato l’esposto. Le indagini proseguono, dunque ora dobbiamo aspettare. Vedremo se la procura ci convocherà nuovamente o se sarà utile per noi presentare memorie. Il sindaco ha risposto alle domande, in parte con precisione, per quanto sia possibile ricordare fatti lungo un arco temporale di un anno. Resta concentrato sulla sua difesa, perché visto il suo ruolo pubblico deve delle risposte ai magistrati e ai cittadini. L’indagine non è una condanna né un disonore. Ma è chiaro che lui sta vivendo questa situazione molto male per la sua etica e la sua morale».
Palazzi scivola via veloce dal tribunale all’auto di servizio che lo aspetta all’angolo di via Principe Amedeo. Un po’ di tensione è scesa, ma il volto è tiratissimo. Prima rifiuta ogni domanda delegando all’avvocato, poi c’è spazio per qualche battuta: «Ho sempre amministrato con onestà e trasparenza. Sono a posto con la mia coscienza e i cittadini sanno che persona sono. Andrò in consiglio? Non so, il numero legale c’è anche senza di me. Mi chiedete se ho qualcosa da rimproverarmi? Basta, parlate con il mio avvocato». E poi via verso il municipio, per l’ennesimo vertice con i legali, prima di tornare a parlare con i vertici dell’amministrazione di via Roma. A una settimana dal fischio d’inizio, la partita giudiziaria è ancora soltanto alle primissime battute.
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