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"Ragazzo farfalla" operato al cuore, intervento della speranza al Poma

Studente universitario di 20 anni affetto da due malattie ereditarie: i cardiochirurghi gli impiantano due protesi. E' la prima volta su un paziente colpito dalla forma più grave forma di epidermolisi bollosa e dalla sindrome di Marfan. Sette ore in sala operatoria, la prognosi resta riservata. Altri ospedali si erano rifiutati di intervenire

di Roberto Bo
3 minuti di lettura

MANTOVA. Riccardo è un “ragazzo farfalla” con le ali fragili. Ha mani e piedi senza dita, consumate da due gravi patologie ereditarie, ma vola alto, anzi altissimo, con la sua fervida fantasia di aspirante giornalista.

Riccardo ha occhi che brillano sempre, un sorriso che ti spiazza e da 20 anni (compiuti domenica scorsa, ndr) lotta contro due malattie genetiche profondamente invalidanti: la sindrome di Marfan e l’epidermolisi bollosa distrofica, meglio conosciuta come la sindrome dei “bimbi farfalla” che rende la pelle fragile come le ali di una falena. Fragile fuori, roccia dentro e con un coraggio da vendere.

Riccardo Visioli abita a Vicomoscano di Casalmaggiore e quella di ieri per lui è stata una giornata decisiva: il ragazzo è stato sottoposto all’ospedale di Mantova a un eccezionale intervento al cuore, un’operazione complessa e ad alto rischio in un paziente affetto dall’epidermolisi, tanto che in passato alcuni ospedali italiani e stranieri si erano rifiutati di eseguire. Ma non la Cardiochirurgia del Carlo Poma, che vista la gravità della situazione non si è tirata indietro. L’intervento, di sostituzione della valvola aortica e dell’aorta ascendente con una doppia protesi, è stato eseguito dal primario Manfredo Rambaldini ed è perfettamente riuscito.

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Un’operazione unica – la prima volta su un “ragazzo-farfalla” affetto da sindrome di Marfan – e durata complessivamente, compresa la fase preparatoria, sette ore. In sala operatoria anche altri due primari: Stefano Pirrelli della Chirurgia Vascolare e Franco Ravenna della Pneumologia, oltre all’anestesista e agli infermieri. Ora dovranno trascorrere le canoniche 24ore per dichiare il paziente fuori pericolo. La prognosi, soprattutto in virtù della fragilità di cute e mucose interne, resta altamente riservata. Il 20enne rimane intubato in terapia intensiva. E mentre passano le ore tutto l’ospedale e la comunità di Vicomoscano tifano per Riccardo.

Ma come si è arrivati al Poma? A fine estate si è capito che non c’era più un attimo da perdere: l’aneurisma dell’aorta ascendente, arrivato ad una dilatazione di quasi 7 centimetri (più di tre volte la dimensione normale), rischiava ogni giorno la rottura e il ragazzo era in costante pericolo di vita. Così il padre, Giuliano Visioli, ha contattato il reparto di Cardiochirurgia del Poma dopo aver saputo che a Mantova l’équipe del primario Manfredo Rambaldini aveva già operato altri pazienti con la sindrome di Marfan associata ad altri problemi di salute. Lo specialista si è fatto trasmettere tutta la documentazione sanitaria e ha studiato il caso. Poi le prime visite, gli approfondimenti clinici e le lunghe chiacchierate con Riccardo e suo padre. Infine la decisione: si può fare, operiamo.

Una storia di dolore e coraggio, di sofferenza e fiducia nel futuro e nei medici quella che ruota attorno a Riccardo e alla sua famiglia. Il padre, che fa il fabbro, fu operato anche lui per la sindrome di Marfan quando aveva 26 anni. Quattro figli, due maschi e due femmine, e una moglie scomparsa nel 2016 a 49 anni dopo una lunga malattia.

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«Nella vita di mio figlio – sottolinea l’artigiano di Vicomoscano – quello è stato l’unico momento in cui l’ho visto davvero giù. Per il resto, nonostante le due gravi malattie, ha sempre avuto un coraggio da leone e un ottimismo smisurato». Riccardo, diplomato al Liceo classico Romani di Casalmaggiore, frequenta il primo anno di Lettere Classiche all’università di Bologna ed è in attesa di cimentarsi con il primo esame, quello di Letteratura italiana. Una vita tutta in salita dopo essere nato con la sindrome di Marfan, disordine ereditario che spesso colpisce il sistema cardiovascolare, e la forma di epidermolosi bollosa più grave, quella distrofica, per la quale è seguito costantemente dagli specialisti del Policlinico di Modena. «Già al momento della nascita – racconta ancora il padre – i medici si sono subito resi conto che qualcosa non andava. Quando lo hanno lavato hanno visto che la pelle di mani e piedi si sfaldava». Con il passare degli anni le dita si sono consumate e sono diventate un tutt’uno con il resto degli arti. Riccardo oggi cammina senza bisogno di supporti, anche se la stabilità non è perfetta, ed è praticamente autosufficiente nella vita privata e nello studio, tanto da riuscire perfettamente ad usare pc, smartphone e iPad.

Dalle elementari ha sempre avuto il pallino del giornalismo. «Adoro inventare racconti – ha confessato alla Gazzetta alcuni giorni prima dell’intervento – e amo la letteratura italiana. Ah, sto anche scrivendo un’autobiografia, ci sto dietro da quasi tre anni».

Due anni fa il caso clinico di Riccardo è stato oggetto di studio da parte di un’équipe di cardiochirurghi americani che ad un certo punto hanno anche programmato l’intervento con un volo Italia-Usa già pronto. «Abbiamo avuto ripetuti contatti – dice il padre – ma poi tutto si è bloccato, troppi i rischi. Allora abbiamo provato con altre strutture sanitarie, ma alla fine tutti ci raccontavano sempre la stessa storia: le due patologie associate rendono l’intervento al cuore troppo pericoloso, meglio lasciar perdere. Fino a quando abbiamo conosciuto il dottor Manfredo Rambaldini, che contrariamente a tanti altri ci ha detto che così non si poteva più andare avanti, che Riccardo rischiava la vita ogni giorno e che lui era disposto ad operarlo».


 

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